E se fossimo oggi nel medioevo?
Principes di Luigi Di Landro è il romanzo d’esordio dell’autore che si presenta al pubblico dopo la pubblicazione della sua raccolta di poesie “Rumore”.
L’autore, attraverso la storia del protagonista Pietro, ci fa viaggiare nel tempo ( o forse no) e ci catapulta in una realtà fatta di pregiudizi e di chiusure che limitano la libertà altrui, portando la società inevitabilmente dietro nel tempo.
Nei pressi di un antico santuario etrusco, in un paese chiamato Rheginna, alla presenza del Lucumone Lucillo, giunge un giovane soldato della Confederata Guardia Rheginnese, turbato e innervosito da uno strano pensiero che non lo lascia in pace…
Luigi Di Landro nasce il 26 settembre 1986 a Roma. Dopo la maturità classico-linguistica, si laurea col massimo dei voti all’Università Sapienza di Roma in Lingue e Culture del Mondo Moderno, con una tesi sulle Affinità Elettive di Goethe, per poi specializzarsi in Scienze Linguistiche, Letterarie e della Traduzione per le lingue Francese e Tedesca, con una tesi sulla letteratura plurilinguistica nel Granducato di Lussemburgo.
Da sempre appassionato di letteratura e astronomia, inizia a scrivere soprattutto poesie fin da giovane, raccolte nel libro “Rumore”.
Principes di Luigi Di Landro
Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autore al quale abbiamo chiesto qualcosa in più sul suo romanzo e suoi progetti futuri
Principes è il suo romanzo d’esordio e il suo lavoro precedente è una raccolta di poesie. Come mai ha pensato di cambiare genere?
Credo che l’espressione artistica vada differenziata per arrivare a più persone. La poesia, almeno come la intendo io, ha sempre un velo da togliere e impegna di più il lettore nell’analisi. Ogni gesto poetico viene nascosto in profondità dallo scrittore e deve risalire grazie alla volontà del lettore, che però nell’afferrarlo aggiunge necessariamente un valore proprio, un suo sguardo a quell’abisso. La poesia è un lavoro di entrambi i soggetti.
Nella scrittura di un romanzo il fine ultimo non è solo quello di intrattenere, ma anche di comporre un senso generale, che però risulta più palese. Il romanzo è sentito più facilmente da un pubblico ampio. La poesia fa più fatica.
La storia che racconta nel libro è ambientata nel medioevo. Perché ha scelto questo preciso periodo storico per ambientare le vicende del suo protagonista?
Il periodo storico è ben delineato ma non è poi così preciso. Mi spiego. Non parlo mai direttamente di un’età precisa nel romanzo, ma alcuni soggetti, come Re Sicardo (in realtà l’Imperatore Sicardo di Benevento), l’ambientazione scenica e la citazione di eventi e abbigliamenti tipici ci trasporta in un Medioevo. Ma quale? Non vi è alcuna necessità di realtà storica nel mio romanzo. Ciò a cui mi riferisco è a quel Medioevo che tutti pensano essere un’età buia, ma che invece moltissimi studi e un’attenta analisi contemporanea rivaluta e rivisita come età molto varia per la sua grandezza e soprattutto non sempre così buia. Non meno della nostra epoca.
Mi piace pensare di aver trasportato problematiche assolutamente moderne in un contesto e tempo che noi moderni crediamo erroneamente come periodo buio. Difficile. Invece ciò che nella realtà rappresento è vedere che NOI siamo veramente in quel Medioevo. Quello che NOI crediamo sia il Medioevo ma di cui gli storici smentiscono le esagerate interpretazioni più dure.
Le cattive lingue, i pregiudizi, i falsi sorrisi: un gusto verista senza il comportamento crudo dell’autore. Quel comportamento che Verga utilizzava contro i suoi personaggi per fingere di essere dalla parte di e per far parlare una società ottusa che puniva il diverso o il coraggioso e che lo emarginava o lo faceva fallire nel suo stesso destino.
Se non superiamo le discriminazioni fatte per genere, orientamento sessuale, religione e così via siamo davvero ciechi in un’epoca buia.
Parliamo proprio Pietro, il protagonista di Principes. Fin dalle prime pagine capiamo che è un uomo inquieto. Cos’è che lo agita?
Lo agita un incontro avvenuto la mattina precedente l’inizio del racconto. Un incontro non aspettato. Un incidente o espediente diremo. E lo agita perché lo mette difronte ad una realtà: quella del suo vero Io, della sua vera espressione di ciò che è, di ciò che lo appassiona, di ciò che più gli piace.
Quando ha scritto la storia di Principes aveva pensato di lanciare un messaggio ai suoi lettori?
Certamente. Ogni romanzo contiene un messaggio, più o meno originale, più o meno noto. Il mio ovviamente si dirige verso la denuncia della superficialità di alcune persone che stigmatizzano la personalità altrui e la rinchiudono o vorrebbero farlo in una cornice di bullismo o maldicenza.
Che progetti ha per il futuro? Ha in mente un altro lavoro da pubblicare?
Mi sto concentrando su un’altra raccolta di poesie, questa volta più cruda e criptica e su un nuovo romanzo che indaga sul Disturbo Dissociativo di Identità (una volta chiamato e più comunemente conosciuto come Disturbo di personalità Multipla), ma non nelle sue manifestazioni psicotiche più eclatanti (come il caso del Dottor Jeckyll e Mister Hyde), piuttosto in quelle più nevrotiche e comuni, che possono caratterizzare la vita di molte più persone, senza mai accorgersene realmente.