La decisione di incriminare Taner Kiliç, presidente di Amnesty International Turchia, per “appartenenza a un’organizzazione terroristica” è secondo l’organizzazione per i diritti umani una parodia della giustizia che mette ancora una volta in luce gli effetti devastanti della repressione attuata dalle autorità turche dopo il fallito colpo di stato del luglio 2016.
Taner Kiliç è l’ultima vittima della profonda purga messa in atto dal governo turco. Arrestato all’alba del 6 giugno a Smirne insieme a ad altri 22 avvocati per il sospetto di avere legami col movimento di Fethullah Gülen, il 9 giugno è stato incriminato per appartenenza alla “Organizzazione terroristica Fethullah Gülen” e posto in detenzione in attesa del processo. Amnesty International chiede il suo rilascio immediato e incondizionato.
“Taner Kiliç è un difensore dei diritti umani appassionato e di sani principi. L’accusa rivolta contro di lui è completamente priva di merito e mostra unicamente quanto profonda e frenetica sia diventata la caccia del governo turco ai suoi presunti nemici e critici. Taner K?l?ç dev’essere rilasciato immediatamente e l’accusa nei suoi confronti dev’essere annullata”, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
“L’arresto di Taner non è solo un atto di disprezzo per i diritti umani. Il suo obiettivo è prendere di mira tutti i difensori dei diritti umani. Chiediamo a chi, in Turchia e nel mondo intero, ha a cuore i diritti umani di prendere la parola in favore di un uomo coraggioso che ha dedicato la sua vita intera, e ora sta sacrificando la sua libertà, per i diritti umani”, ha aggiunto Shetty.
Oltre a Taner Kiliç, al termine delle udienze del 9 giugno,otto dei 23 avvocati arrestati il 6 giugno a Smirne sono stati posti in detenzione preventiva, uno è stato rilasciato su cauzione, sette attendono la decisione del giudice e altri sei continuano a essere sottoposti a fermo di polizia.
L’unico elemento addotto a sostegno dei presunti legami di Taner K?l?ç con il movimento di Gülen è che tempo addietro sarebbe risultata installata sul suo telefono cellulare l’applicazione di messaggistica Bylock, che secondo le autorità turche era usata dai membri della “Organizzazione terroristica Fethullah Gülen“.
Non è stata presentata alcuna prova a sostegno di quest’affermazione e Taner Kiliç nega di aver mai scaricato o usato Bylock, applicazione della cui esistenza era stato ignaro fino a quando di recente era stata menzionata in occasione di arresti e condanne.
“Taner K?l?ç non è un sostenitore né un seguace del movimento di Fethullah Gülen, verso cui è stato critico. L’unica prova nei suoi confronti sarebbe la presenza di un’applicazione sul suo telefono cellulare. Anche ammesso che fosse vero, non sarebbe prova di alcun reato. Ora deve affrontare un processo sulla base di questa inconsistente accusa”, ha proseguito Shetty.
“Amnesty International s’impegnerà senza sosta per il rilascio di Taner Kiliç e continuerà a svolgere con piena determinazione le sue attività in e sulla Turchia”, ha concluso Shetty.
L’arresto di Taner Kiliç ha suscitato ampia condanna a livello internazionale, tra l’altro da parte del dipartimento di Stato Usa, dell’Unione europea, del Commissario ai diritti umani della Germania, del ministro degli Affari esteri della Danimarca e di organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani.
Ulteriori informazioni
Il rinvio a giudizio di Taner Kiliç si colloca nel contesto della crescente repressione dei diritti umani decisa dalle autorità turche dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio 2016. Decine di migliaia di impiegati del settore pubblico sono stati licenziati, centinaia di giornalisti e altri operatori dell’informazione sono finiti in carcere e centinaia di organi d’informazione e di organismi non governativi sono stati chiusi.
Il governo turco accusa Fethullah Gülen, un religioso che si trova negli Usa, di aver ideato il tentativo di colpo di stato e ha dichiarato il suo movimento un’organizzazione terroristica, aprendo la strada all’arresto arbitrario di migliaia di persone che non avevano avuto alcun ruolo nel tentato colpo di stato.