“Dal 1965 al 1984 la Campania è stata un punto cruciale nel dibattito nazionale sulla salute mentale. Con i suoi sei manicomi, di cui tre ospedali psichiatrici giudiziari, costituiva una vera e propria industria della follia di dimensioni gigantesche”. Così Francesco Piro, figlio del compianto Sergio Piro, il rivoluzionario psichiatra scomparso nel 2009 all’età di 81 anni, scrive nella prefazione del libro “Primavera 180” (Sensibili alle Foglie, 2018), firmato da Teresa Capacchione, allieva di Piro e oggi presidente dell’associazione che porta il suo nome.
Il volume sarà presentato dall’autrice nella sede della Fondazione Premio Napoli, all’interno di Palazzo Reale, nel corso di un incontro in cui si ricorderà anche il quarantesimo anniversario della legge 180, la cosiddetta “legge Basaglia”, che il 13 maggio 1978 decretò la chiusura dei manicomi in Italia. Al dibattito, introdotto da Domenico Ciruzzi, presidente della Fondazione, e moderato dalla giornalista Carla Di Napoli, interverranno Roberto Beneduce, docente di Antropologia cultura all’Università di Torino, e Francesco Piro, professore di Storia della filosofia all’Università di Salerno.
Il libro ripercorre le fasi iniziali della lotta per la chiusura dei manicomi, i primi tentativi di umanizzazione che si saldano con le altre esperienze nazionali. Sergio Piro compare nella doppia veste di psichiatra e giornalista: sulla scia di Franco Basaglia, è stato il più accanito difensore della legge 180 e un costruttore lucido di libertà e democrazia. “Se a un certo punto – aggiunge il figlio Francesco nella prefazione – dopo l’approvazione della 180 e una legge regionale che sembrava dare ascolto alle nuove esperienze, si è tornati indietro, è stato per scelta: la scelta di non investire sulla prevenzione, sulla cura diffusa della salute, sul benessere dei cittadini meno agiati, e soprattutto di non investire in pratiche di cura non gestibili in un’ottica puramente aziendale e medica”.