La memoria e la sua condivisione attraverso il riuso creativo del cinema d’archivio sono i grandi protagonisti del Premio Zavattini che ha visto proclamare i tre vincitori della sua terza edizione. Nella sala dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, di cui lo stesso Zà fu fondatore e primo presidente, la giuria del Premio, presieduta da Susanna Nicchiarelli e formata da Ugo Adilardi, Elisabetta Lodoli, Roland Sejko e Giovanni Spagnoletti, dopo essersi riunita il giorno prima ad ascoltare i pitch di ogni singolo candidato, ha promosso all’unanimità, sabato 23 febbraio scorso, i seguenti progetti: Anche gli uomini hanno fame di Andrea Settembrini, Francesco Lorusso, Gabriele Licchelli, Supereroi senza superpoteri di Beatrice Baldacci e Domani chissà, forse di Chiara Rigione.
Ad essi verrà riservato un sostegno di carattere produttivo per realizzare, entro il mese di maggio 2019 il lavoro completo mostrato nel breve video-teaser di presentazione. Inoltre, gli autori dei tre progetti vincitori riceveranno un riconoscimento di 2.000 euro ciascuno a lavoro terminato e i loro cortometraggi saranno proiettati in un evento pubblico.
Si è trattato di un percorso impegnativo ed articolato sviluppato dai 10 candidati con una passione e un entusiasmo davvero contagiosi – ha dichiarato Susanna Nicchiarelli – e abbiamo notato come gli incontri tutoriali con i docenti, nei vari moduli organizzati in questi mesi (significativa novità nell’ambito del Premio), abbiano prodotto sinergici e sostanziali maturazioni nello sviluppo della traccia verso la realizzazione del teaser.
Questi i titoli ed autori degli altri sette progetti che sono stati reputati di buon livello e tutti analogamente validi: Alùn di Tiziano Locci;Liquirizia romana di Valentina Savi e Giulia Sbaffi; Tracce di Rocco di Marina Resta; La Napoli di mio padre di Alessia Bottone; I suoni del tempo di Jeissy Trompiz; Questa notte finirà di Ludovica Acampora e Monica Siclari; Sync di Giacomo Riillo e Gaia Siria Meloni.
Premio Zavattini 2019: i progetti vincitori
Anche gli uomini hanno fame di Andrea Settembrini (Torino), Francesco Lorusso (Gagliano del Capo), Gabriele Licchelli (Torino) è un racconto che sviluppa punti di vista diametralmente opposti della migrazione negli anni Sessanta-Settanta del Sud Italia, in particolare del Salento e della Puglia, verso Paesi come la Svizzera il Belgio e il Nord Europa in generale.
Nato circa un anno e mezzo fa, il progetto ha come cornice un piccolo bar in provincia di Lecce e come nucleo due personaggi, di Gagliano del Capo, che si sono messi in gioco cambiando la propria vita: Naldi, ex proprietario di un cinema che nel 1973 ha deciso, anziché partire come i suoi coetanei verso altri lidi, di mettere in piedi un ristoro proprio nel campo di tabacco dove giravano i suoi film, e che è tutt’ora fulcro vitale del piccolo paese in cui vive; e Mimmi che invece ha deciso di andare a lavorare in Svizzera al San Gottardo, per cui ha ricevuto anche una medaglia d’oro, ma è poi tornato nel suo paese dopo alcuni eventi drammatici che lo hanno segnato – per riprendersi la vita che aveva lasciato.
Una testimonianza di passato e presente che, sulla falsariga del titolo di un film di Don Siegal (Anche gli avvoltoi hanno fame), vuole sottolineare come gli uomini, in quello specifico periodo storico, abbiano voluto andare alla ricerca non solo di pane ma di sogni, speranze e possibilità di costruirsi un futuro.
La motivazione della giuria al premio: Per la complessità e la ricchezza dei materiali d’archivio utilizzati, la solidità dell’impianto narrativo e la convincente rappresentazione visiva.
Supereroi senza superpoteri di Beatrice Baldacci (Città di Castello) è un progetto autobiografico nel quale l’autrice racconta il rapporto con la madre dall’infanzia fino ai giorni attuali: un percorso di assoluta elaborazione personale di alcuni momenti della propria vita, sviluppato sul ritrovamento di vecchie videocassette nelle quali erano stati registrati numerosi momenti di convivenza con la figura materna. Come nei VHS inevitabilmente rovinati, allo stesso modo sono i ricordi della nostra infanzia, consumati dal tempo nascosti nella nostra memoria. Da questa nuova “scoperta”, si dipana una storia che – tra malattia e ricordi personali della madre – vede una bambina reagire e crescere di fronte ad una realtà non più protetta.
La motivazione della giuria al premio: Per la coinvolgente riflessione sulla memoria, sul tempo e sugli affetti.
Domani chissà, forse di Chiara Rigione (Avellino) è una riflessione sul tempo e su ciò che gli sopravvive in uno spazio circoscritto in cui passato presente e futuro sembrano confondersi. Incipit del lavoro è stata l’espressione finale di un documentario di Ansaldo Giannarelli del 1961, che ambientato a Vallepietra, descriveva la situazione di un piccolo borgo che già iniziava a spopolarsi e “domani chissà forse”. L’autrice ha voluto andare dunque a vedere che cosa fosse successo a Vallepietra a distanza di quasi 60 anni e scoprendo incredibilmente un paese arrestatosi nel tempo attraverso la dimensione di comuni situazioni, costumi e personaggi che accorpano passato presente e futuro. Una sorta di analisi soggettiva sulle trasformazioni fruitive di una realtà sociale arretrata che ha visto, a distanza di quasi sessant’anni, dimezzare la sua popolazione.
La motivazione della giuria al premio: Per l’interessante approccio alle dimensioni del tempo e della storia attraverso la rivisitazione di uno spazio e delle immagini che lo raccontano.