Tra i cinque finalisti del Premio Strega La corsara di Sandra Petrignani, edito da Neri Pozza, è la biografia di Natalia Levi Ginzburg, una delle scrittrici e intellettuali più rappresentative del Novecento, la cui figura giganteggia in questo libro che ha il sapore del romanzo pur non essendolo. L’autrice ha dedicato molto tempo alla ricerca delle fonti, dei documenti e dei luoghi di vita che le permettessero di restituirci un’immagine forte e vera di questa straordinaria donna. Personalità complessa e poliedrica la Corsara, come la Petrignani la chiama, ispirandosi per il titolo alle suggestioni degli Scritti corsari di Pasolini, ci viene mostrata negli infiniti meandri della sua vita privata e professionale, dai primi racconti agli articoli sui giornali, dai matrimoni con Leone Ginzburg e Gabriele Baldini alle relazioni amicali che segnarono tutta la sua vita coi grandi intellettuali e scrittori dell’epoca come Pavese, Calvino, Morante e molti altri, dall’impegno politico all’attività nella casa editrice Einaudi e in ogni aspetto della sua vita l’impronta forte e continua della scrittura. Autobiografia rigorosa questa della Petrignani capace di suscitare emozioni e di immetterci come nel migliore dei romanzi nell’identità di un personaggio reale che fu un’icona della nostra cultura e storia letteraria, partecipe con altri dello spirito di impegno e ricostruzione del nostro paese risorto dalle ceneri del fascismo e della guerra.
Le stanze dell’addio, di Yari Selvetella, edizioni Bompiani, appartiene a quel gruppo di romanzi di cui parleremo ora e che indagano le profondità, in apparenza insondabili, dell’essere umano. Ma sappiamo che forse solo la letteratura è in grado di diventare epifania del sommerso, del segreto, del mistero della vita. In queste pagine l’autore si cala nell’esperienza di un dolore che guida alla conoscenza di sé e dell’altro, nei percorsi di una memoria che scava in ciò che si è perduto e ha lasciato dentro un vuoto incolmabile. Il protagonista, perduta la moglie, compagna amata e madre dei suoi tre figli, la cerca nei numerosi luoghi che insieme hanno abitato per tenerla stretta a sé, per non perdere nell’oblio un legame che gli è necessario. Non accetta che lei non esista più e si affanna a riviverla in ogni aspetto, non come elaborazione del lutto ma come rifiuto dello stesso. In questa non accettazione dell’accaduto un giovane sconosciuto gli si affianca per stargli vicino nel dolore e insieme per traghettarlo fuori da quella perdita che gli impedisce di vivere. Solo con l’accettazione di questo vuoto esistenziale terribile l’uomo può ritrovarsi e ritrovare gli altri intorno a lui. Con una scrittura coraggiosa che non teme di affondare la lama negli abissi della mente e del cuore lo scrittore costruisce questo romanzo che coinvolge e commuove, che mostra dove si annidi la forza di combattere le tragedie della vita uscendone più forti e più consapevoli.
In La madre di Eva di Silvia Ferreri, edizioni Neo, ancora un atroce dolore percorre le pagine di un romanzo che si snoda come un lungo monologo. Una madre parla in prima persona con sua figlia chiusa a pochi passi da lei in una sala operatoria dove le stanno cambiando sesso. Un’altra grande protagonista femminile forte ribelle cosciente e disperata ci tira dentro le sue ore di attesa in un ospedale serbo, raccontandoci l’odissea di quella sua figlia che si sente sbagliata in un corpo di donna e lacera con le sue paure e le sue scelte non solo il suo corpo ma anche la carne e l’anima di sua madre. Eppure la madre non può che starle accanto, accompagnarla in un percorso che le fa orrore, non per ragioni di convenzione sociale, ma perché lei sola col suo amore assoluto è capace di guardare dentro l’abisso di dolore in cui la decisione irreversibile di sua figlia la sta precipitando. Lei sola comprende la condanna di una scelta che, in nome di una identità fittizia in cui la ragazza ha riposto tutte le sue illusioni di felicità, le offrirà una vita di dolorose e continue rinunce nel corpo e nell’anima. La scrittura della Ferreri è quella giusta per raccontarci con crudezza cosa il corpo straziato di Eva produca nel corpo della madre, nella sua stessa storia di donna, un flusso ininterrotto di ricordi, di sensazioni, di dubbi esplosi d’improvviso nell’apparenza di una vita normale. Quella metamorfosi che un chirurgo marchierà per sempre nel corpo e nella vita di Eva diventa anche metamorfosi di sua madre che non potrà più tornare quella che era o credeva di essere. Il sogno fin da bambina di Eva di diventare maschio apre un tempo familiare di ricatti, sofferenze, incomprensioni, distrugge i suoi genitori come individui e come coppia, fa di sua madre non più una donna ma una Mater dolorosa ai piedi della croce.
Il figlio predilettodi Angela Nanetti, edizioni Neri Pozza, unisce due tempi storici e due storie personali in una stessa narrazione. Una sera di giugno del 1970 in un piccolo paese della Calabria, Nunzio e Antonio, due ragazzi, si ritrovano dentro una macchina per un incontro d’amore, in un luogo aperto e lontano dall’abitato. Tre uomini incappucciati e armati li interrompono, trascinano fuori Antonio e lo uccidono. Dopo qualche giorno Nunzio Lo Cascio sparisce dal paese, la sua famiglia lo manda a Londra lontano da qualsiasi ipotesi di scandalo. L’omosessualità nella Calabria di quegli anni era un inaccettabile disonore e ancora di più per una famiglia come quella di Nunzio. Il dolore per la perdita dell’amante si somma in lui alla coscienza della famiglia di assassini cui appartiene. Tutto va in crisi, il mondo in cui viveva, la speranza nel futuro, l’identità personale, i sentimenti. Londra gli aprirà un’altra vita, l’espressione del suo talento, altri amori vissuti con insperata libertà. Non tornerà più a casa se non da morto, vittima ancora giovane di un incidente. A casa sua resta solo una vecchia foto di quando era una giovane promessa del calcio locale. Molti anni dopo sua nipote Annina nel suo spirito libertario sente affinità e interesse per quello zio di cui nessuno, se non la nonna, parla, e la cui vita è avvolta nel mistero. Si muove sulle sue tracce e a Londra cercando di conoscerlo finisce per scoprire se stessa e i propri sogni, ritrovando in sé come nello zio la stessa voglia di ribellarsi al claustrofobico ambiente del paese, di cercare la propria strada in libertà e autonomia.
Ne Il gioco di Carlo De Amicis, edizioni Mondadori, troviamo tre personaggi, che intervistati da uno scrittore che vuole scrivere un libro sul piacere, si ritrovano a parlare di sesso, raccontando le loro esperienze a tratti tragiche a tratti ironiche. Il gioco erotico di cui si parla accoglie in sé molte varianti e molti ruoli: iI volto, la maschera, il possesso, la libertà, la trasgressione, la norma, tutto ha ragione di essere e di esprimersi per Leonardo, l’amante seriale, per Eva di volta in volta padrona e schiava del piacere maschile e per Giorgio che nel tradimento subìto trova il piacere perverso dell’impotenza. L’intreccio delle relazioni e delle esperienze permette all’autore di scavare nel meccanismo di una sessualità che esprime un’incontenibile energia vitale. In questo triangolo erotico si rivela l’anima di ognuno, i segreti di vite che sono insieme scabrose tenere e ironiche e che l’autore racconta con una scrittura audace e elegante. Ne risulta una forza espressiva dove il gioco del desiderio ci trascina con un’abilità di immagini e connessioni nella struttura del racconto e l’impronta di una originalità fuori del comune sta al servizio di una narrazione che sceglie strade inconsuete e che affascina costantemente il lettore.
Non sappiamo quali dei libri della cinquina vincerà lo Strega, ma siamo in grado di dire che sarà, dato il valore dei concorrenti, comunque un premio di alta qualità.