Dovrebbe essere il gioco più bello del mondo eppure per alcuni diventa un vero incubo che unisce stress e pressioni. Questo è stato il caso di Cesare Prandelli che con una lettera d’addio alla Fiorentina ha voluto far conoscere le motivazione dietro le sue dimissioni da tecnico viola.
Cesare Prandelli, un ritorno amaro
Quello del tecnico di Orzinuovi a Firenze poteva sembrare come il classico scenario da “ritorno del figliol prodigo” ed invece si è trasformato in qualcosa di molto più amaro. Prandelli era arrivato per sostituire Iachini che stava stendando con la viola facendola volare in zone non sicure come quella della retrocessione. Purtroppo il “Prandelli II” non sortisce l’effetto sperato e sono poche le soddisfazioni che il tecnico si prende tra cui la vittoria contro la Juventus per 3 a 0 in quel Torino nel dicembre scorso. Cosa è mancato, quindi, a Prandelli che dopo la sconfitta contro il Milan ha dato a sorpresa le dimissioni?
Prandelli e la lettera d’addio alla Fiorentina
“È la seconda volta che lascio la Fiorentina. La prima per volere di altri, oggi per una mia decisione”.
Così inizia la lettera di Prandelli dove dice addio per la seconda volta a Firenze ed alla viola. Parole molto toccanti quelle del tecnico che fanno trasparire come la decisione sia stata sofferta per lui in primis. Quali sono state le motivazioni dietro l’addio?
“In questo momento della mia vita mi trovo in un assurdo disagio che non mi permette di essere ciò che sono”.
Disagio, questo è il termine usato da Prandelli per “giustificare” le sue dimissioni. Nella lettera specifica come il suo disagio non può e non deve andare ad intaccare il valore dei giocatori ma soprattutto le prestazioni. Insomma, Prandelli sta vivendo un periodo non facile. Il calcio “moderno” gli ha dato molti, troppi, stress. Pressioni che il tecnico non è riuscito a gestire e per il bene della squadra che ama ha deciso di fare un passo indietro.
Gli altri allenatori
Quello di Cesare Prandelli non è il primo caso di “troppo calcio” o comunque di troppo pressioni. Anche mister più blasonati hanno dovuto e voluto prendersi dei momenti di pausa per riprendere le forze. E’ stato il caso di Pep Guardiola che dopo i grandi successi di Barcellona ha voluto prendersi un anno sabatico lontano dal mondo del calcio. Se, invece, vogliamo vedere in “casa nostra” l’esempio più grande l’abbiamo con Arrigo Sacchi. L’artefice e “creatore” del Milan degli olandesi nonché ex commissario tecnico della nazionale diede le dimissioni dopo una vittoria per 2 a 0 contro il Verone perché “lo stress” era troppo.
«La colpa è della cultura della vittoria ad ogni costo, sbagliatissima. Il concetto del “se non vinci sei un fallito” è il peggior insegnamento che si possa dare a un ragazzo. L’errore, la sconfitta, fanno parte della vita. Perdi solo se non dai il massimo. E se non impari».
Arrigo Sacchi in una intervista realizzata da Carlos Passerini, Corriere della Sera