Potere d’acquisto Italia: dopo COVID, inflazione e crisi economiche il potere d’acquisto degli italiani è calato a picco. Il rapporto tra gli stipendi medi e i costi medi penalizza gli italiani e tutti gli europei. Nella top 50 soltanto Stoccarda in Unione Europea e la prima italiana è Torino al 135esimo posto al mondo, Milano al 162esimo e Roma solo 175 esima.
Che cosa si intende per potere d’acquisto?
L’indice di potere di acquisto è una misura che viene adottata per misurare quanto, in media, un cittadino sia capace di acquistare in base al proprio stipendio e ai prezzi del mercato. Un aumento in questo indice significa che in media, i cittadini possono permettersi di acquistare maggiormente. Un indice di potere acquisto in diminuzione è tipico di un periodo di inflazione come stiamo vivendo attualmente in Italia in quanto i prezzi aumentano quotidianamente, mentre al contrario gli stipendi hanno aumenti meno regolari e più saltuari.
Quali sono i fattori che lo influenzano?
I principali fattori che influenzano il potere di acquisto sono 2: i prezzi dei beni di consumo e gli stipendi.
Questi però a loro volta possono essere influenzati da decine e decine di fattori, ma che nel momento attuale possono essere riassunti in:
Aumento dei prezzi – La situazione attuale vede un generale aumento dei prezzi dovuto ad un inflazione causato da un aumento delle materie prime e dai costi dell’energia per la produzione dei prodotti, e da un inflazione dovuta all’aumento dei consumi post-covid.
Stagnazione degli stipendi in Italia – L’Italia è l’unico stato europeo in cui si è registrato una diminuzione degli stipendi medi negli ultimi 30 anni, non è presente un salario minimo e la media degli stipendi è una delle più basse degli stati dell’Europa Occidentale.
Qual è la situazione globale del potere di acquisto?
Negli ultimi anni ci sono stati numerosi cambiamenti in questa lista negli ultimi anni che possono essere riassunti in:
Sempre meno Europa. Gli stati europei stanno da tempo perdendo posizioni e ad oggi solo una città in Unione Europea (Stoccarda in Germania) si posiziona nella top 50 mondiale, con ancora Zurigo a concludere il quadro continentale europeo, le italiane non si posizionano nemmeno nella top 130.
Gli Stati Uniti continuano ad essere gli stati con il maggior numero di città in questa lista, con 48 città nelle prime 100, posizionano però anche estremamente bene in quanto 33 di queste si trovano nella top 50!
Aumentano Canada, Australia e India. Avanzano in questa lista anche numerose città di queste 3 nazioni. Infatti le città indiane nella top 100 sono passate da 0 a 4 negli ultimi 2 anni, mentre Australia e Canada hanno posizionato tutte le principali città nella top 50 nell’ultimo anno e mezzo!
Divario in Italia di Potere d’acquisto
In Italia però cambia molto a secondo della regione presa in considerazione. Il Sud infatti ha un potere di acquisto mediamente inferiore rispetto al Nord del paese, assestando nella totalità delle province di Molise, Campania, Puglia (ad eccezione di Bari), Calabria, Basilicata e Sicilia un indice di Potere di Acquisto inferiore all’80, mentre alcune province del Nord come Milano, Genova, Bologna, Firenze, Parma e Bolzano, questo indice supera i 120.
Prendendo invece in considerazione le singole città, Torino stacca tutte le altre e si posiziona 135 esima al mondo, con Bologna al 152, Milano al 162 con Genova subito dopo. La nostra capitale si posiziona 175 esima.
Perché si è ridotto il potere d’acquisto in Italia?
Negli ultimi decenni l’Italia è stata colpita da numerose crisi economiche, tra cui le ultime causata dal COVID e dall’aumento del costo del gas e della luce stanno ancora continuando ad avere effetti più o meno attuali. In questo modo però solo in alcuni momenti abbiamo avuto una effettiva crescita economica.
Detto ciò la situazione economica degli italiani è nettamente peggiorata. I salari medi italiani dal 1990 ad oggi sono diminuiti del 3%, mentre TUTTI gli altri paesi europei hanno registrato un aumento, da un +6% per Spagna, +33% per la Germania, + 31% per la Francia e +85,5% per l’Irlanda, arrivando addirittura a +276,30% per la Lituania.