Un caso alla “Dottor Jekyll e Mister Hyde” quello della Lazio. La squadra di Simone Inzaghi si ritrova nel mezzo di una indagine della Federazione Italiano Gioco Calcio essendo che alcuni suoi tesserati sono stati ritrovati positivi al Covid prima delle partite di Champions League ma negativi in campionato. Quali potrebbero essere le conseguenze?
Positivi in Champions League, negativi in campionato: la Lazio e la bufera tamponi
Il caso dei giocatori della Lazio contagiati dal Covid sta diventando paradossale. Positivi ai tamponi martedì scorso, e quindi esclusi dalla trasferta del giorno successivo a Bruges in Champions; negativi per la gara di domenica a Torino in campionato, di conseguenza schierati da Simone Inzaghi e perfino decisivi nella vittoria contro i granata; nuovamente indisponibili per la partita di oggi a San Pietroburgo. La domanda che molti si pongono — forse troppo semplice ma non banale — è la seguente: ma hanno il coronavirus oppure no? E ancora: perché in serie A non rappresentano un pericolo, per se stessi e per gli altri, e invece nelle coppe europee sì?
I giocatori tornati positivi
I calciatori in questione sono Immobile, Leiva e Strakosha, ai quali Inzaghi ha rinunciato otto giorni fa assieme a Luis Alberto, Lazzari e Anderson. Ma se gli ultimi tre continuano a rimanere lontani dal campo e dai compagni, i primi hanno avuto un percorso diverso: fuori, dentro, ancora fuori. Non solo: ieri mattina si sono allenati con gli altri, però al termine della seduta non sono partiti alla volta della Russia ma hanno fatto ritorno a casa. In mezzo a questo bailamme ci sono casi ancora diversi: Cataldi, ad esempio, è rientrato in gruppo e non lo ha più abbandonato, mentre Pereira la settimana scorsa è stato riconosciuto prima positivo e poi negativo dalla Uefa in 24 ore, tanto che ha raggiunto il Belgio la mattina della partita. Una situazione che — si sostiene in ambienti vicini alla Lazio — potrebbe ripetersi con Immobile, Leiva e Strakosha. Non a caso, in un comunicato diffuso in serata, la società sottolinea di aver rilevato «possibili criticità» in relazione ai risultati ottenuti dalla Uefa.
L’indagine federale
Tutto paradossale, già. Tanto che la procura della Federcalcio ha deciso di aprire un’inchiesta per valutare se da parte della Lazio ci siano state violazioni del protocollo che la Figc ha concordato con il Cts. Gli ispettori nei giorni scorsi hanno visitato il centro sportivo di Formello due volte, confrontandosi anche con il presidente Lotito, quindi hanno chiesto l’invio di documentazioni specifiche via pec. Evidentemente non tutto ha convinto la task force guidata dal dottor Chinè.
Il presidente dei medici sportivi
Maurizio Casasco, presidente dei medici sportivi europei e italiani, ritiene che i diversi esiti dei tamponi dipendano dagli esami: «Occorrono un prelievo corretto, in modo che si possa analizzare la cellularità del campione, e reagenti autorizzati. E poi bisogna processare due o tre sequenze specifiche di geni». Il problema, insomma, sarebbe nei test. Chi non segue questa procedura, o la porta avanti in modo sbagliato? In Italia i club si possono rivolgere a qualsiasi centro diagnostico abilitato e l’eventuale positività viene poi comunicata alla Asl di competenza; la Uefa si affida invece a un’unica azienda specializzata. «Servirebbe uniformità di analisi e di sistema, come avviene per l’antidoping». Invece si seguono percorsi diversi, per arrivare a risultati opposti.