Porto sicuro sempre più un miraggio per le ONG che operano salvataggi in mare. Organizzazioni che, sempre più spesso, vengono fatte sbarcare in porti a centinaia e centinaia di miglia da quello che, geograficamente, sarebbe il porto più vicino.
Solo un caso? No, nessun caso ma una precisa strategia di gestione degli sbarchi che potremmo definire più soft del caso del precedente governo di centro destra. Non si nega ma si rende tutto maledettamente difficile trovando anche così il consenso dell’opinione pubblica salvando capra e cavoli.
Del resto si sa: Il ‘porto più vicino’ è quello geograficamente più vicino a dove è avvenuto il salvataggio. Il ‘porto sicuro’ è il luogo dove le operazioni di soccorso si possono definire compiute.
Si verifica anche un altro fatto curioso: le stesse ONG quando salvano in mare sono trattate come organizzazioni para-legali mentre quando poi si vanno ad impegnare in zone di altri disastri naturali non solo sono bene accette ma anche addirittura invocate.
C’è da decidersi non si possono avere così poche idee ma in compenso anche tanto confuse!
Qualcuno ci sta marciando? Non crediamo ma pensiamo semplicemente che si stia operando politicamente da parte del governo per evitare gli enormi attriti che sono sempre esistiti intorno alla spinosa questione delle persone salvate in mare.
Persone, ci piace definirle così e non migranti o “carico residuale” nei farneticanti discorsi circa sbarchi selettivi o altre amenità del genere. Ecco, ricordarsi che si parla sempre di persone con il loro enorme carico di vita tremenda che si sono lasciati alle spalle, sia che lo abbiano fatto per guerre o per fame.