Il poeta campano che andiamo ad intervistare è Eugenio Lucrezi, di famiglia leccese, nato nel 1952, vive a Napoli dove ha svolto la professione di medico. Poesie e prose sono presenti in riviste letterarie e siti, su periodici e almanacchi, quali: «Ad Hoc»; «Almanacco di Odradek»; «Altri Termini»; «Anterem»; «Archivio Barocco», «Colibrì», «Diario», «Dove sta Zazà», «Esperienze Letterarie», «Fondazione Premio Napoli», «Gradiva international journal of italian poetry», «Hellas», «Hyria», «Il Rosso e il Nero», «Incroci», «La parola Abitata», «L’area di Broca», «Lareserche», «Le Reti di Dedalus», «Levania», «L’immaginazione», «Linea d’ombra», «L’ombra delle parole», «Lo stato delle cose», «Nazione indiana», «Nord e Sud», «Nostro Tempo», «Novilunio», «Origini», «Orma», «Poesia Meridiana», «Poetry Wave», «Pragma», «Prospettive Culturali», «RAInews», «Risvolti», «Salvo Imprevisti», «Secondo Tempo», «Sinestesie», «Tempo Nuovo», «Terra del Fuoco», «Tracce», «Transiti Poetici.» Ha pubblicato il romanzo Quel dì finiva in due (Manni, 2000) e i libri di poesia Arboraria (Altri termini, 1989); L’air (Anterem, 2001); Freak & Boecklin, con Marzio Pieri (Morra-Socrate, 2006); Cantacaruso: Lenonosong, con Marzio Pieri (La Finestra, 2008); Mimetiche (Oedipus, 2013); Bamboo Blues (Nottetempo, 2018). Dirige la rivista di poesia «Levania». Giornalista e musicista, è presente da trent’anni sulla scena blues nazionale. Attualmente compone e suona con Geremia Tierno ed Alfredo Vitelli nel trio “Serpente Nero Blues Band”: nel giugno 2010 hanno vinto il concorso nazionale per il blues d’autore organizzato dal MEI (Movimento delle etichette indipendenti) di Faenza.
Come ti sei avvicinato alla poesia?
Nella mia famiglia, tutta leccese, tutti insegnanti di lettere. Papà Bruno, mamma Teresa, zia Maria. E zia Concettina, che viveva con noi e ha introdotto allo studio mio fratello Francesco e me da bambini, era stata maestra elementare ed è stata per noi la più importante di tutti.
C’è stato qualcuno che devi ringraziare per averti dato, che so, dei consigli su come orientarti nel tuo percorso artistico?
I molti libri di casa. Mia zia Maria. Lo scrittore Lanfranco Orsini, che frequentavo ai tempi dell’università.
Che cosa cerchi attraverso la poesia? Qual è il tuo intento?
Conoscere il mondo, lasciarmi attraversare da voci altre da quella dell’interiorità, frequentare le tradizioni delle arti, vivere nella realtà, fare politica.
La tua scrittura segue delle linee o delle correnti culturali specifiche?
Ogni mio scritto artistico ricomincia da zero. Oggi la letteratura è cosa morta, la questione dello stile poteva interessare nonni e bisnonni.
Quali programmi hai in cantiere?
Finire un’opera di narrativa, pubblicare alcuni libri di poesia, completare la registrazione di un disco di poesia e suoni.
Come vivi la cultura, la poesia, nella tua città, nella tua vita? Trovi difficoltà e quali?
La cultura non c’entra con la poesia, vivo la mia città con la gente che fa le cose normali, le cose normali fatte dalla gente sono cultura, i salotti letterari sono poca cosa. La poesia è vita vera, azione, smascheramento della bruttezza del mondo, invenzione delle figure che fanno il mondo.
Hai mai partecipato a premi letterari? Che opinione hai di essi?
Due volte al Montano, una al Pagliarani. Mai vinto. I premi si giudicano dalle giurie. Sono nella giuria del Premio Napoli da tre anni, guardo le cose dall’altra parte ed è bello quando riesci a mettere in terna dei libri importanti. Fai quel poco di cultura che puoi fare da addetto ai lavori.
Oggi, con la crisi dell’editoria, pubblicare un volume non è semplice: le grandi case editrici non ti filano se non sei legato politicamente o a risorse economiche, e le piccole ti chiedono contributi economici, spesso esosi. Per non parlare poi della poesia che, seppur prolificante, è rinchiusa in “cripte” elitarie. Hai riscontrato difficoltà editoriali durante il tuo percorso, e se sì, per quali motivi?
Ho pubblicato pochissimo, ho contribuito alle spese solo al primo libro. Non avendo ansia di pubblicare, ho pubblicato i miei libri quando me l’hanno chiesto dei curatori di collana.
Se dovessi paragonare la tua poesia ad un poeta famoso, a chi la paragoneresti? Quale affinità elettive ci trovi con la tua poesia?
I poeti famosi devono essersi pur guadagnata la fama. I poeti che amo non sono solo scrittori di versi e sono centinaia, qui cito alla rinfusa alcuni del ’900: Carmelo Bene, Tommaso Landolfi, Nanni Cagnone, Thomas Bernhard, Corrado Costa, René Char, Gottfied Benn, Amelia Rosselli, Umberto Saba, Edoardo Sanguineti, Andrea Zanzotto. E poi Villa, Cavallo, Borges, Pound…
La soddisfazione maggiore – se c’è stata – che hai raccolto nel mondo letterario?
La letteratura è morta con la revoca del mandato di rappresentanza da parte della borghesia, l’artista oggi vive un ruolo del tutto mobile e molto intrigante, può asservirsi al potere, può contrastare la corruzione politica, può lottare contro il sistema: è il bello del libero arbitrio. Comunque, se vuoi sapere di qualche mia soddisfazione, ti dico che sono contento quando un ragazzo mi chiede consigli.
Cosa pensi dei libri digitali? Possono competere con l’editoria tradizionale, cioè con quella cartacea e perché?
La poesia gira molto sul digitale, oggi. Meglio, perché ha da essere caduca come le cose del mondo.
Qual è il tuo rapporto con la politica?
La poesia è sempre azione politica perché usa la parola in maniera responsabile e sputtana le menzogne dei politicanti. Sono di sinistra e quindi non del PD.
Come vivi la quotidianità?
Lavoro combattendo una connaturata pigrizia. Sto in pensione da un anno e mezzo, non mi par vero di non dovere andare in ASL, dove ho fatto il medico per decenni. Mi sento come quando finii il liceo, questa libertà dal lavoro è un dono immenso. Lavoro in casa, faccio la spesa, lavo, stiro, cose normali. Faccio trovare spesso il pranzo pronto ai miei cari.
Oltre alla poesia, di cosa ti occupi?
Di musica, di arte. Da poco curo una pagina di poesia per un quotidiano. Lavoro col Premio Napoli. Con un manipolo di amici poeti e poete faccio la rivista «Levania».
Se potessi cambiare lo stato comatoso in cui vive oggi la nostra società, quali sarebbero le tue soluzioni, le proposte?
I problemi sono enormi nel pianeta, in Europa, in Italia, nella mia città. Fino a quando non mi offrono una nuova chiave di lettura del mondo, io continuo a sentirmi marxista e a credere nella lotta di classe.
Qual è la tua ultima fatica editoriale? Puoi parlarcene brevemente?
Il mio ultimo libro è “Bamboo Blues”, pubblicato da Nottetempo nel 2018. Libro di poesia commissionatomi, in pratica, dai curatori della collana, che si sono espressi nella selezione dei materiali e hanno indirizzato con chiarezza l’assetto dell’opera. Hanno fatto gli editori, insomma, come loro compete. Non so dire che tipo di libro sia. La scrittura d’arte si occupa della realtà, che è inafferrabile come il pensiero mentre si forma e si fa figura: di parole, nel caso della poesia.