Il poeta campano che andiamo ad intervistare è Rita Pacilio, nata a Benevento nel 1963. Scrittrice, collaboratrice editoriale, sociologa, mediatrice familiare, si occupa di critica letteraria, di metateatro, di letteratura per l’infanzia, di vocal jazz e naturalmente di poesia che ritiene «uno stato di stupore sotto gli occhi di tutti e che non vede chiunque». Curatrice di lavori antologici, editing, lettura/valutazione testi poetici e brevi saggi, dirige per La Vita Felice la sezione “Opera prima”. Direttrice del marchio Editoriale RPlibri è presidente dell’Associazione Arte e Saperi. Ha ideato e coordina il Festival della Poesia nella Cortesia di San Giorgio del Sannio.
Sue recenti pubblicazioni di poesia: Gli imperfetti sono gente bizzarra (La Vita Felice, 2012 – vincitore di numerosi Premi, tra cui “Laurentum 2013”, tradotto in francese Les imparfaits sont des gens bizarres, L’Harmattan, 2016, traduzione di Giovanni Dotoli e Françoise Lenoir; traduzione in lingua araba, Uet Tunisi, traduzione di Othman Ben Taleb); Quel grido raggrumato (La Vita Felice, 2014); Il suono per obbedienza – poesie sul jazz (Marco Saya Edizioni, 2015); Prima di andare (La Vita Felice, 2016). Per la narrativa: Non camminare scalzo (Edilet Edilazio Letteraria, 2011). La principessa con i baffi (Scuderi Edizioni, 2015) è la sua fiaba per bambini; Cantami una filastrocca è un quaderno operativo per la Scuola dell’Infanzia (RPlibri, 2018).
È stata tradotta in greco, romeno, francese, arabo, inglese, spagnolo, catalano, napoletano. A marzo 2018 la pubblicazione dei racconti in prosa poetica: L’amore casomai.
Come ti sei avvicinata alla poesia?
Ho conosciuto la poesia sin dalle scuole elementari. Fu un caso e una fortuna. La mia maestra amava la letteratura e, in particolar modo, la poesia. Ci leggeva autori impegnati e importanti e ci parlava della realtà attraverso le immagini visionarie dei classici. L’amore per la lettura mi ha portato a scrivere ed è stato da subito grande amore.
C’è stato qualcuno che devi ringraziare per averti dato, che so, dei consigli di come muoverti nel tuo percorso artistico?
Sì, devo ringraziare tante persone che mi hanno invogliata e seguita: Franco Loi, Giancarlo Majorino, Adelio Rigamonti, Davide Rondoni, Claudio Fasoli, i miei editori, mio marito, i miei figli. Ognuno di essi ha dato un segno importante al mio percorso.
Che cosa cerchi attraverso la poesia? Qual è il tuo intento?
Attraverso la poesia mi inoltro nella vita e nei suoi meandri. Osservo, dall’angolo più lontano, tutte le cose, anche quando sono protagonista delle vicende. Sono abituata a mettermi in gioco, a sacrificarmi, a sfidare e rischiare, a cercare altre strade e a giudicarmi. Mi giudico come un arbitro severo, non per punirmi, ma per migliorare e acquisire la consapevolezza della misura. Questo è il mio primo intento, quello di celebrare e denunciare il mondo con rispetto e senso civile. Attraverso la poesia cerco, quindi, la vita, la realtà, la fede, il confronto continuo con l’umanità.
La tua scrittura segue delle linee o delle correnti culturali specifiche? C’è nel tuo repertorio una poesia che meglio rappresenti la tua poetica?
Amo tutta la letteratura e non seguo nessuna corrente in particolare. Leggo i classici e mi soffermo sui poeti contemporanei con la stessa fame. Potrei dire che gli autori del dopoguerra sono quelli che mi affascinano di più, sono i più coraggiosi. Si tratta di un periodo culturale che mi prende interiormente e intellettualmente. Una poesia che mi rappresenti? Tutte, sicuramente, ma ne cito una qui, tratta da Gli imperfetti sono gente bizzarra (LVF, 2012) libro che ha segnato la mia vita.
Si increspa il lago di Nemi
in un gesto di doloroso silenzio
a vederlo mordere nuvole
l’affanno arriverebbe in cima.
Salgono visitatori
in una strada scoperta riaffiorano
in mezzo alle piante
ragazze di colore nude a metà
pascolano paure
e cosce raggelate. E fissano
l’inquieta luce della sera
come fosse un contatto.
Chiedo perdono al mondo/ come lo chiedo a te/ per il mio
peregrinare stanco/ per l’urlo muto/ per la corsa che mi
affanna e dice./ Il destino è un cerchio senza fine.
Quali programmi hai in cantiere?
Vorrei pubblicare il mio romanzo breve e scrivere un saggio approfondito su Alfonso Gatto. Ho molti appuntamenti in Italia e all’estero: le traduzioni ricevute, infatti, mi hanno portata a confrontarmi con nuovi territori e culture. Mi fa tanto piacere essere accolta nel mondo. Sarò in Francia, in Georgia e mi aspettano all’Università di Tunisi.
Come vivi la cultura, la poesia, nella tua città, nella tua vita? Trovi difficoltà e quali?
A San Giorgio del Sannio, paese in cui vivo da quasi trentacinque anni, ho sempre lavorato per la cultura (arte, spettacoli, convegni tematici, festival e incontri di poesia), per le donne (sono stata Presidente del Centro Italiano Femminile del paese per quasi dieci anni) e per i giovani (collaboro con molte associazioni giovanili). Da undici anni, ho ideato e coordino il Festival della poesia nella cortesia: un appuntamento annuale che vede gli intellettuali italiani e stranieri impegnati in tematiche sociali attraverso la poesia. Nel mio paese di adozione, per fortuna, non ho mai trovato opposizioni istituzionali, questo è stato un grande vantaggio per operare in armonia e fattivamente. La mia quotidianità è fatta di studio, lavoro, casa, associazioni e famiglia. La mia famiglia, sicuramente, è l’impegno più prezioso e impegnativo.
Hai mai partecipato a premi letterari? Che opinione hai di essi?
La prima cosa che ho fatto quando ho pubblicato il mio primo libro è stato partecipare ai Premi e ai Concorsi: li ho sempre considerati una concreata forma di confronto. Ho ricevuto consensi importanti sin dalla prima partecipazione e questo mi ha invogliata ad andare avanti studiando e cercando di fare sempre meglio per essere letta, apprezzata e amata. Sono giurata di alcuni Premi nazionali e ho sempre collaborato con giurati seri e responsabili; per questo motivo ho una opinione positiva dei Premi. Comunque, sono a conoscenza di realtà diverse e mi dispiace tanto che si strumentalizzi l’arte per il proprio tornaconto.
Oggi, con la crisi dell’editoria, pubblicare un volume non è semplice: le grandi case editrici non ti filano se non sei legato politicamente o a risorse economiche, e le piccole ti chiedono contributi economici, spesso esosi. Per non parlare poi della poesia che, seppur prolificante, è rinchiusa in “cripte” elitarie. Hai riscontrato difficoltà editoriali durante il tuo percorso, e se sì, per quali motivi?
Certo, niente è stato facile e nessuno mi ha mai regalato niente. Ho faticato molto prima di essere riconosciuta e apprezzata, soprattutto perché ero giovane e del sud. Arrivare ai grandi gruppi editoriali credo sia complicato, oggi più di anni fa, per innumerevoli motivi. Non ha molto valore ostinarsi a pensare che sia il marchio a fare la buona letteratura, anzi. Solo con l’esperienza, infatti, ho capito che la cosa più importante è la concentrazione sulla propria scrittura, ricercare il proprio linguaggio, lavorare con tenacia e rigore per fare bene ogni cosa senza paragonarsi a nessuno e senza invidiare chi riesce a fare meglio. Andare avanti, quindi, senza paura, né demotivazione, soprattutto se i riconoscimenti non arrivano, o non arrivano subito. Non mi interessa, infatti, scendere a compromessi con alcuno, né miro a patti economici per realizzare le mie aspettative: per me l’arte è l’unico obiettivo, anche se sono consapevole quanto sia penalizzante ragionare in questo modo e agire in questa direzione. Resto al mio posto cercando di fare bene il mio lavoro di autrice e di studiosa.
Se dovessi paragonare la tua poesia ad un poeta famoso, a chi la paragoneresti? Quale affinità elettive ci trovi con la tua poesia?
Cesare Pavese. Per la sensibilità, il bisogno di essere amato, la ricerca dell’amore, l’impegno intellettuale e civile, per il desiderio di vivere e di morire allo stesso tempo. Per la solitudine, quella fatta di riflessione silenziosa.
La soddisfazione maggiore – se c’è stata – che hai raccolto nel mondo letterario?
Sicuramente il Premio Laurentum, nel 2013, per il libro Gli imperfetti sono gente bizzarra e le sue traduzioni in lingua francese, inglese, araba, catalana, spagnola e georgiana.
Cosa pensi dei libri digitali? Possono competere con l’editoria tradizionale, cioè con quella cartacea e perché?
Amo troppo la carta per accettare di pubblicare un libro in formato digitale e credo che un ebook non potrà mai sostituire un libro cartaceo che, tra le altre cose, profuma. Secondo me, infatti, i libri profumano e toccarli è un atto di vera passione. No, il digitale, pur avendo i suoi vantaggi, non può competere con l’editoria tradizionale.
Come vivi la quotidianità e qual è il tuo rapporto con la politica?
Sono una mamma di tre figli e da più di un mese curo anche una cucciola barboncina. Le mie giornate sono piene di impegni familiari e culturali: convegni, incontri con i giovani nelle scuole, eventi letterari. Studio e dirigo il marchio RPlibri, per questo motivo parlo con molti autori, leggo tanto materiale inedito e, quando prendo le pause da tutto, scrivo e leggo senza guardare l’orologio. La politica fa parte della nostra vita e non possiamo esentarci da prenderne parte, anche se non in maniera attiva. Mi informo, cerco di capire alcune manovre e soffro di fronte alla consapevolezza che, purtroppo, non c’è volontà di conservare la memoria, di farne un buon uso e che non ci si impegni abbastanza per il bene di tutti. Chi crede che la politica sia distante da noi è una persona irresponsabile: abbiamo tutti un ruolo in essa, anche se minimo.
Oltre alla poesia, di cosa ti occupi?
Sono un sociologo e mediatore familiare. Lavoro con le persone per ascoltare e risolvere problemi e disagi giovanili. Mi interesso di critica letteraria e di piccola editoria. Ho uno sguardo sulle cose molto attento e mi adeguo ai tempi cercando di crescere, imparare e diventare migliore, non solo per me stessa, ma per essere di aiuto agli altri. Mi piace la musica e, quando posso canto i classici del jazz. Mi occupo di teatro e metateatro: esperienze artistiche sicuramente folgoranti e formative.
Se potessi cambiare lo stato comatoso in cui vive oggi la nostra società, quali sarebbero le tue soluzioni, le proposte?
Se solo ci fosse maggiore senso critico, morale, etico e maggiore responsabilità tutto potrebbe andare meglio. Lasciarsi andare e vivere senza valori non porta a nessuna crescita, né personale, né sociale. Bisognerebbe investire concretamente sui bambini e sui giovani. Propongo progetti mirati in cui la cultura sia messa al primo posto.
Qual è la tua ultima fatica editoriale? Puoi parlarcene brevemente?
L’amore casomai è il mio recente lavoro. C’è chi lo definisce prosa poetica e chi poesia. In questo libro ci sono tutti i presupposti per partire dall’amore per ritornarvi. Gavino Angius commentando il mio libro, mette in evidenza che quest’opera: «è un intero, ha una sua vocazione al continuum, sorretto com’è da un basso ostinato sul quale s’innestano lacerti di storie, a punteggiare ritmicamente il tessuto d’una stoffa immaginativo-sonora».
Il mio intento principale, infatti, è stato quello di lavorare sul linguaggio per ricercare le parole adeguate al fine di arricchire la mia visione di metafore e forme poliedriche del sentimento per eccellenza. Sono più vite e presenze che si intrecciano a momenti quotidiani ed è dedicato a chi fa dell’amore il punto fermo e la variabile. È corredato da due note importanti: Chiamalo amore di Luigi D’Alessio e Dietro le parole di Pasquale Rossi.
In conclusione: che cos’è per te la poesia?
L’ho ripetuto più volte: è una disponibilità allo stupore, una continua sperimentazione della bellezza e della condivisione della vita e della morte attraverso la ricerca di un linguaggio autentico, alto e potente, raffinato e personale. La poesia è un atto maturo e responsabile di continua esplorazione del mondo e di verifica delle proprie tensioni verso gli altri. Per me la poesia è sempre stato un luogo di esperienza, di elaborazioni e modificazioni che partono da un movimento di fede e di speranza.