Il poeta campano che andiamo ad intervistare è Raffaele Piazza, nato a Napoli nel 1963 dove vive. Poeta e critico letterario. Lavora presso l’Università Federico II come tecnico elaborazione dati. Collaboratore alla cultura de «Il Mattino» di Napoli e a numerosi settimanali, mensili, quotidiani. Ha pubblicato: Luoghi visibili (1993); La sete della favola (1994); Sul bordo della rosa. I poeti di Amadeus (1998); Menabò. Segni e parole, in coll. con Prisco De Vivo (2007); Del sognato (2009); Alessia (2014); e leantologie: Parole in circuito. Fatti non parole (2010); Inquiete indolenze (2017). È redattore di «Poetry Wave Vico Acitillo 124», ha pubblicato poesie su numerose riviste; presente in antologie di settore e ha conseguito premi sia per l’edito che per l’inedito. È stato presidente del Premio Periferie 2006.
Ricordo che la prima volta che lessi la tua poesia, nel lontano 1993, fu attraverso la lettura del tuo volume Luoghi visibili Come ti sei avvicinato alla poesia?
Ho iniziato a scrivere poesie a quindici anni; la causa scatenante fu un innamoramento, un vero colpo di fulmine e produssi la prima poesia ispirandomi ai testi delle canzoni dei Pooh che erano scritti da Valerio Negrini che considero un eccellente poeta. Poi ho letto l’Ungaretti dell’Allegria dei naufragi che ha influenzato molto i miei esordi poetici e un altro poeta che mi ha aperto nuove strade è stato Camillo Pennati di Sotteso blu ed Erosagonie. Credo che sia fondamentale per un poeta ai suoi esordi leggere poesia e anche la musica classica e i viaggi possono accrescere la sua sensibilità, la sua vena creativa. Comunque, come diceva Montale, anche la lettura dei romanzi importanti può aiutare i poeti nella loro scrittura e per me è stata fondamentale l’incontro con Goethe e Alberto Moravia.
C’è stato qualcuno che devi ringraziare per averti dato, che so, dei consigli di come muoverti nel tuo percorso artistico?
Innanzitutto il giornalista e critico letterario di RAI 3 Ottavio Nicolardi che m’invitò a casa sua e lesse le mie poesie quando avevo venti anni e le trovò bellissime e scrisse la prefazione a Vigilia, mio primo libro di poesia. Poi Antonio Spagnuolo, amico di vecchia data, che nel 1993 mi portò a Televomero per dialogare su Luoghi visibili e presentò con Anna Santoro lo stesso libro. Devo ringraziare anche Michele Prisco che mi suggerì di iscrivermi al Centro Montale e mi diede l’indirizzo di Giorgio Bàrberi Squarotti al quale verso il 1985 mandai delle poesie; Squarotti mi rispose dicendo che le poesie gli erano piaciute e mi suggerì di scrivere un libro per Genesi. Credo che nel mondo spesso infido della letteratura la poesia possa creare anche vere e sincere amicizie, come quelle che ho vissuto con i letterati suddetti.
Da Luoghi visibili, la tua poesia – come ha detto Generoso Picone – ha fatto «un significativo e importante passo in avanti sul terreno della maturità espressiva: che significa anche padroneggiare la materia che si è scelto di indagare – i sentimenti l’anima delle cose l’amore». In realtà cosa cerchi in essa?
Cerco salvezza nello scrivere versi e penso che la poesia stessa sia il negativo fotografico della fotografia della vita. La poesia nasce da regioni che il giorno non conosce e l’ispirazione è un vero mistero. Credo che con l’uso del verso libero si sia realizzata la completa libertà espressiva e ci sono bambini che hanno scritto ottime poesie. La poesia è come un diario di bordo nella navigazione della vita e serve a delineare il proprio percorso esistenziale essendo sempre d’occasione e, quindi, leggendo le proprie poesie del passato si emerge da una provenienza. Si scrive sempre di sé stessi.
In generale, qual è oggi il compito della poesia?
Penso che sia catartica per tutti i poeti che lanciano il loro messaggio in bottiglia, da quella intimistica a quella civile ed è salvifica anche per i fruitori di poesia che non sono poeti. Sono convinto che per i bambini sia molto formativo e costruttivo studiare a scuola poesie e anche imparare a memoria versi. La poesia non è morta è anzi vivissima e i moltissimi siti e blog lo testimoniano, è un modo per superare l’alienazione tipica del nostro tempo e anche un modo per ritornare alla natura, alla struttura delle cose. La poesia è un modo di far prevalere l’essere sull’avere in un mondo dove si sono persi i valori e si è spesso considerati per il censo più che per la produzione creativa e l’intelligenza.
E della critica, visto che ti occupi anche di critica, di recensioni?
Compito della critica è svelare l’essenza, l’etimo delle scritture per trovare il senso dei tessuti linguistici e credo che sia anche un fatto creativo ovviamente per chi possiede gli strumenti. La critica militante ha un grande valore e lo testimoniano tante riviste di poesie cartacee o on-line e ci sono molti fermenti e iniziative anche a livello della critica.
C’è una poesia cui sei più affezionato? Ce la puoi far conoscere?
Si, Linea di poesia delle tue fragole, scritta ispirandomi alla connivenza con una mia amica e che ha vinto il Premio Michele Sovente nel 2014. Si tratta di una poesia sulla poesia e sulla parola e in un verso ho scritto, rivolgendomi alla ragazza se avevamo fame di parole:
Una linea di poesia mi chiedevi, un chiaro
incontro oltre la chiave della nebbia,
si apriva e continuava e stava nel freddo polare
di igloo casa la giornata sottesa ai tuoi panni
lasciati in una telefonata marina nell’azzurro
subacqueo dei secoli dietro di noi e domani come giorno:
se avevamo fame tu sfamavi di parole la mia voce
con i salici dell’ironia, io ragazzo appoggiato alla tua
sigaretta donata nella bellezza della gola in un bel luogo
di liquido prato.
Hai mai partecipato a premi letterari? Che opinione hai di essi?
Si ho partecipato e credo comunque che siano utili e sono contento quando a vincere sono i piccoli editori. I premi letterari più seri sono quelli che non prevedono tassa di lettura e, in ogni caso, spesso contano le raccomandazioni. Comunque è bello vincere anche non il primo posto; io al Premio Mazza del 1996 sono arrivato terzo e mi ha fatto molto piacere.
Oggi, con la crisi dell’editoria, pubblicare un volume non è semplice: le grandi case editrici non ti filano se non sei legato politicamente o a risorse economiche, e le piccole ti chiedono contributi economici, spesso esosi. Per non parlare poi della poesia che, seppur prolificante, è rinchiusa in “cripte” elitarie. Hai riscontrato difficoltà editoriali durante il tuo percorso, e se sì, per quali motivi?
Sono sempre stato sportivo e tre libri li ho scritti con Amadeus che ora non esiste più. La difficoltà è stata il contratto con un editore che non ho firmato perché vincolato ad un contratto successivo che dovevo ricevere in seguito. Scrivere un libro a pagamento con un editore piccolo ma serio può essere gratificante e costa molto meno di un’auto nuova. I piccoli editori se non chiedessero il pagamento del libro fallirebbero.
Se dovessi paragonare la tua poesia ad un poeta famoso, a chi la paragoneresti? Quale affinità elettive ci trovi con la tua poesia?
Sicuramente la mia poesia la paragonerei a quella di Montale, definito da un critico poeta prediletto da Piazza. Con Montale condivido la ricerca del varco salvifico e il dialogo con figure femminili. Ovviamente a livello formale sono più vicino all’ultimo Montale.
La soddisfazione maggiore – se c’è stata – che hai raccolto nel mondo letterario?
Il Premio Tulliola 2016 vinto per ex-equo con la mia raccolta Alessia. La premiazione è avvenuta a Formia e Roberti dell’antimafia ha ricevuto un premio speciale a testimonianza dell’importanza dell’iniziativa.
Quando ti sei accorto che potevi fare il poeta?
Dai tempi del liceo quando pubblicavo poesie sul giornalino della scuola. Successe in quel tempo un episodio: il preside della scuola, lette le mie poesie, disse che non le avrebbe mandate ad un concorso ma io partecipai ugualmente privatamente e vinsi un premio cosa che m’incoraggiò. Sono sempre stato caparbio e sui venti anni ebbi una stroncatura da una persona che non nomino ma non mi persi d’animo.
Cosa pensi dei libri digitali? Possono competere con l’editoria tradizionale, cioè con quella cartacea e perché?
Personalmente credo nei libri digitali anche se posso capire chi preferisce il cartaceo e non li predilige. Si tratta di adeguarsi ai tempi anche se è più comodo scrivere una recensione con il libro tradizionale rispetto all’uso dell’e-book.
Come vivi la quotidianità e che rapporto hai con i tuoi colleghi campani, con l’ambiente letterario e politico?
Sono amico di Spagnuolo e di Domenico Cipriano, oltre che di Wanda Marasco e ho partecipato vari reading tra i quali alcuni organizzati da Vetromile. Molto spesso con poeti e poetesse recensite avviene un amichevole scambio di recensioni perché gli editori mi forniscono l’indirizzo e-mail del poeta che ho recensito.
Oltre alla poesia, di cosa ti occupi?
Di giornalismo.
Se potessi cambiare lo stato comatoso in cui vive oggi la nostra società, quali sarebbero le tue soluzioni, le proposte?
Innanzitutto credo che ci dovrebbe essere una più equa distribuzioni dei beni e penso che non ci sia un’invasione islamica in corso come pensava Oriana Fallaci ma che per umanità e non buonismo tutti gli Stati dovrebbero accogliere i migranti. Poi sono contro tutte le guerre che dimostrano che non si è imparata la lezione della storia.
Ha ancora un ruolo il poeta nella società di oggi dove rispetto al passato, si legge molto poco? Colpa della politica culturale attuale, della globalizzazione o cosa?
Il poeta scrive in primis per sé stesso e credo che non solo i poeti civili hanno il ruolo di provocare emozioni e riflessioni benefiche. Il consumismo è nemico della poesia che è diventata un fatto elitario e quasi sempre sono i poeti a leggere la poesia. Sono da apprezzare gli interventi di poeti nelle scuole. È nemica della poesia anche la televisione che produce spesso programmi non degni di stima anche a livello etico. Internet, che è libertà, è alleato della poesia.
In conclusione: qual è la tua ultima fatica editoriale e quali programmi hai in cantiere?
Il mio nuovo libro è Alessia e Mirta e ho da scrivere molte recensioni su libri di poesia.