Il poeta che andiamo ad intervistare è Carmine Lubrano, nato a Pozzuoli (NA) nel 1952. Vive e lavora al Parco Virgilio a Cuma tra l’Antro della Sibilla e l’Averno. Poeta, operatore culturale, ha fondato l’Archivio della poiesis contemporanea “Poetry Market”; ha fondato e dirige il Lab-Oratorio Poietico per le Arti, la rivista e le edizioni “TERRA del FUOCO”; ha tenuto e tiene workshop e laboratori di decodificazione dei linguaggi contemporanei, in numerose scuole, centri culturali, musei, etc.; curatore di mostre, direttore artistico di eventi, manifestazioni e festival, in particolare nei Siti archeologici; ha pubblicato diversi libri di poesia. Nel gennaio 2019 gli è stato assegnato il premio “Trivio 2018” alla carriera per la poesia. Tra le sue opere ultime: Scovera Jorda Pilosa (Scheiwiller, 1997); Sulphitarie, con Edoardo Sanguineti (Napoli, 1999); PoemAverno (libro+CD), con le musiche di Rino Zurzolo (Napoli, 2000); Lengua Amor Osa (D’Ambrosio ed. 2003 – premio “Feronia” 2004) Stroppole d’Ammore (RAI Trade-Suoni del Sud, 2006); Serenata Napulitana al cabaret Voltaire” (Edizioni la Ricotta); Era de maggio, in viaggio tra ‘68 e dintorni (JazzPoetry, 2008-2018); Letania salentina e altre Letanie (Lab-Oratorio Poietico, 2018); Riscritture antagoniste (Eureka Edizioni, 2019); Nuove Letanie salentine e un poema Manifesto (Terra del Fuoco / Lab-Oratorio, 2019).
Come ti sei avvicinato alla poesia?
Forse non mi sono mai “avvicinato” ma ho vissuto la poesia: già da bambino, piccolissimo, ho sempre scritto cose “strane” ed ho sempre giocato con colori, parole, matite, oggetti recuperati… Sarà che mi fu dato il nome CARMINE; sarà che sono nato in via Dante Alighieri e che vivo al Parco Virgilio, tra CUMA e l’Averno e, in primavera/estate, trascorro le mie giornate al mare, nei pressi della Grotta della Poesia, a Roca vecchia, in Salento.
Che considerazione hai della ricerca poetica, della sperimentazione di nuove forme poetiche?
La ricerca poetica, la sperimentazione… dicevo che, sin da bambino, ho sempre giocato con le parole. Forse già dai miei primi dieci anni, praticavo il poema-collage ed il cadavre exquis, ancor prima di conoscerli.
Oggi, in un mondo appiattito da interessi personali, ha ancora valenza la ricerca letteraria, la sperimentazione di nuovi linguaggi e perché?
Oggi, per me e per pochi altri (purtroppo) la ricerca, la sperimentazione sono strettamente collegate al concetto di avanguardia (l’avanguardia che mette in discussione il mondo, non è puro esercizio o “giuoco” fine a se stesso).
Della tua produzione poetica, a quale volume sei più legato e perché?
Della mia produzione poetica sono,senza ombra di dubbio, molto legato a “Scovera Jorda Pilosa”, libro edito ed amato da Scheiwiller nel 1997 (ed ancora conservo “religiosamente “le bozze, corrette dallo stesso Vanni Scheiwiller). Ma non posso dimenticare “Lengua Amor Osa” (D’Ambrosio ed., Milano, 2003 – premio Feronia per la poesia 2004). Così come non posso dimenticare “PoemAverno” (libro + CD del 2000), con i miei testi e le musiche dell’immenso Rino Zurzolo.
Si sa che molti premi letterari, direi il 90%, sono costituiti ad personam, per amici e con una tassa di lettura per leggere qualche testo. Ma visto che hai vinto di recente un premio che ti ha permesso di pubblicare un volume, credo che ne parlerai bene. Credi che gli organizzatori di premi si rifanno ad una programmazione che scelga i partecipanti in base ad una poetica o è tutto lasciato al caso?
A proposito di premi letterari (che non amo, perché nella stragrande maggioranza dei casi hanno programmi e progetti diversi e distanti dal puro lavoro poetico), bisogna dire che, comunque, quale eccezione, esistono (pochissimi) quelli che prediligono e favoriscono il lavoro di ricerca (tra questi il “Feronia”, con una giuria importante ed attenta.
Cosa cerchi nella poesia?
Nella poesia ricerco l’arte della rivolta, Carmelo Bene che legge Dante, una nuova commedia nolana, per ancora sporcarsi le mani,nella distillazione alchemica e con nuove piedigrotte e botti e tricchitracchi da infilare nel buco del culo del mondo, in quest’Averno profondo, dove stiamo sprofondando.
Come vivi la tua città culturalmente e socialmente? Che rapporto hai con la politica?
La mia città Napoli e con la sua provincia(e i Campi Flegrei dove sono nato) è stata una importantissima capitale delle avanguardie, in particolar modo dagli anni ’60, con il Gruppo ’58 e la “scola napulitana” con i suoi Martini, i suoi Caruso, le diverse riviste. Oggi si vive l’appiattimento nazionale ed il trionfo della mediocrità. La poesia, l’arte, spesso e volentieri camminano di pari passo con la politica, sprofondando insieme nel nulla, nel vuoto assoluto, senza idee, senza progetto.
Facendo un passo indietro, diciamo pure di trent’anni, ricordo la tua bella rivista «Terra del Fuoco». Quanto è stata importante per te l’esperienza di «Terra del Fuoco» e cosa è rimasto di quella stagione?
«Terra del Fuoco» è stata un sogno, una utopia realizzabile. È stata forse la mia più bella “creatura” e siamo cresciuti insieme. La rivista è nata agli inizi degli anni ’80 (1983) (anni terribili) con un gruppo di amici (ben presto scappati via, alcuni perché non credevano nel progetto). Fin dagli inizi è stata un Lab-Oratorio del Fare, accogliendo le diverse esperienze antagoniste e favorendo l’intersemeiosi dei linguaggi.
Una delle proposte che mi aveva interessato non poco ‒ mi pare su uno degli ultimi numeri ‒ fu l’analisi del postmoderno, ospitando le opinioni del gruppo “Quaderni di Critica” (Bettini, Carlino, Lunetta, Mastropasqua e Muzzioli) che criticavano il “postmoderno critico” proposto dai redattori della rivista «Baldus» (Baino, Cepollaro, Voce). Quale fu la posizione della tua rivista nei confronti del postmoderno e in particolare del postmoderno critico?
Dopo i primi numeri, si è sempre più connotata quale “arma sinestetica”, contro la realtà letteraria e politica che stavamo vivendo, contro il riflusso ed il postmodernismo, contro i vari berlusconi e berluscazzi (vedi l’antologia “Poeti contro Berlusconi”) fino ad arrivare ‒ come dici tu ‒ ad uno degli ultimi numeri (n.18-19-20, numero ormai storico e storicizzato) che raccoglieva interventi del gruppo «Quaderni di Critica» e di altri autori, a favore di una nuova avanguardia, una terza Ondata e, chiaramente, in contrapposizione al postmodernismo critico, in particolare proposto da «Baldus».
Puoi parlarcene brevemente, per es. quanto è nata, come è nata, qual era il suo messaggio culturale?
«Terra del Fuoco» riservava molto spazio anche alla poesia visiva, alle scritture verbovisuali che oggi vedono un nuovo rinato interesse (importanti il volume e la mostra “Visual Poetry in Europe”, a cura di Sarenco e nuove mostre e iniziative continuano il percorso, in questi anni).
Quell’esperienza, importante anche per tanti giovani poeti sperimentali non solo napoletani, si andava ad incuneare in una realtà letteraria di riflusso e postmoderno, forse peggiore di quella odierna. Ma ne siamo usciti bene. Oggi i giovani non hanno la nostra stessa fermezza e lotta poetica. E non credo sia solo una questione di società diverse. Completando il discorso riguardante «Terra del Fuoco», molto spazio dava alla poesia visuale. Secondo te, che sei uno dei rappresentanti di questa disciplina, come è messa oggi la poesia visuale, ha bisogno di riproporsi in modo diverso e come?
Come dice Pignotti la poesia e le scritture visuali possono ancora DARE: forse non è stato detto proprio tutto. Bisognerebbe percorrere nuovi sentieri, spingersi di più verso quella “poesia totale”, che auspicava Luciano Caruso, già in quella indimenticabile antologia: “il gesto poetico” e successivamente nel libro “Sperimentalismo a Napoli”.
Noti differenza tra gli amici, diciamo del passato, e gli amici di oggi nel campo della letteratura? Ci si può fidare o il poeta lo scrittore sono destinati ad affrontare le problematiche in perenne solitudine?
Gli amici del passato sono gli indimenticabili Martini e Caruso, Sanguineti ed il grandissimo musicista Rino Zurzolo, compagni di lotta e di avventure sorprendenti; persone che ci credevano e in cui credere: erano VERI. Oggi gli amici sono spesso comitive per reading e dopo: tutti a lavarsi le mani a casa propria.
Oggi il compito della poesia sembra un’autocelebrazione, un “passatempo”, non si prende sul serio. Sembra che i poeti non abbiano più nemici da contrastare. Troppi poeti della domenica, sempre le stesse facce (poche) alle presentazioni di libri o letture poetiche. Insomma: sembra esplosa in piccoli clan, e non sempre collegati tra loro, neanche nella stessa città. Qual è la tua opinione in merito?
Ho sempre fatto concerti di poesia (con o senza musicisti) in spazi diversi: chiese sconsacrate, siti archeologici, festival ecc.; e devo dire che il pubblico, anche interessato, non è mai mancato. Ma tra merinismi e peti e lirico piscio, viviamo, appunto, il trionfo dei “poeti della domenica”.
Parliamo un po’ di editoria, settore che hai vissuto in prima persona con la pubblicazione di validi volumi. Hai trovato difficoltà a pubblicare i tuoi volumi? A pagamento o sei stato fortunato nel trovare editori che hanno investito su di te?
Io sono stato tra i fortunati, ho pubblicato abbastanza facilmente (e non certo a pagamento). Ho pubblicato con Tam Tam di Adriano Spatola, con Altri Termini di Cavallo, con Scheiwiller, con D’Ambrosio ed., con RAI Trade. E come editore, con la sigla di Terra del Fuoco, ho pubblicato Emilio Villa, Mario Diacono, Edoardo Sanguineti, Stelio Maria Martini, Luciano Caruso, Gaetano delli Santi, Ludovico Leporeo, Giacomo Lubrano.
A tal proposito, cosa pensi delle case editrici che chiedono contributi economici, spesso esosi, per pubblicare un volume? Puoi farci qualche nome di editori non a pagamento e a pagamento che hai incontrato sul tuo percorso, anche per mettere in guarda i giovani autori, spesso ignari del sistema editoriale, per un “quarto d’ora” di vanagloria, sono disposti a pagare cifre esose per una pubblicazione? Cosa pensi di questo “fenomeno” editoriale a pagamento e che consiglio, dall’alto della tua esperienza, ai giovani autori?
Veri editori di poesia quasi non esistono: ricercano vogliono il fenomeno da baraccone, la donna cannone, oppure solo chi è disposto a tirar fuori quattrini. Sono pochissimi, anche se ancora vivi nonostante, quelli che hanno un’idea da portare avanti, un sia pur minimo progetto editoriale.
Può esistere un poeta, uno scrittore senza l’apporto della critica e come dovrebbe rapportarsi con l’artista?
Sempre più spesso i poeti sono costretti ad occuparsi anche di critica, visto la carenza di critici militanti. Ultimamente, scopro con piacere che si stanno affacciando sulla scena giovani preparati e coraggiosi.
Cosa pensi dei libri digitali? Possono competere con l’editoria tradizionale, cioè con quella cartacea e perché?
NO. I LIBRI DIGITALI NO. NON HANNO ANIMA (almeno fino a questi giorni). No, i libri digitali non possono, per il momento, competere con il cartaceo, il cartaceo che diventa sempre più LIBRO, libro anche opera, libro-oggetto, libro da toccare, da “sniffare” , libro prezioso e vivo.
Quando non ti occupi di poesia, di cosa ti occupi?
Di cosa mi occupo quando non mi occupi di poesia? Anche in questo devo ritenermi fortunato, perché mi sono occupato, quasi esclusivamente, di poesia (nel senso ampio di poiesis, fare), fra lo scrivere, il dipingere, organizzare mostre, spettacoli, eventi; impaginare e stampare libri.
Una domanda da 100 milioni di euro: hai una ricetta per far uscire la poesia dallo stato comatoso in cui versa?
Bisogna riprendersi il posto che, prima i cantautori poi i rapper (e spesso con merito) ci hanno rubato. E bisogna farlo con una poesia politicamente tosta, una poesia da “cantare” ad alta voce. Bisogna emozionare, commuovere, tirare pugni allo stomaco semmai e far partecipare… infangare la voce, osare il jazz lapillum di un vulcano mai spento: una poesia in erezione, una poesia Copul’AZIONE.
In conclusione: quali programmi hai in cantiere?
Oggi è necessaria una nuova poesia antagonista in cantiere: alcune pubblicazioni sull’avanguardia oggi; ancora sì ad una nuova avanguardia e present’Azioni dei miei nuovi libri: “ Letania salentina e altre Letanie”, “ Nuove Letanie salentine” e un PoemaManifesto in concerti di poesia, festival, eventi e mostre (e anche in compagnia dei miei vecchi cari amici Martini e Caruso e con i miei santi anarchici: Villa, Sanguineti, Bene. Alcuni amici stanno ritornando nuovi amici stanno arrivando e insieme riprenderemo il cammino per una nuova stagione antagonista.