Il poeta che andiamo ad intervistare è Carmina Esposito, nata ad Afragola (NA) nel 1953. Insegnante di Arte e Immagine, artista a tutto tondo in un connubio ideale tra poesia e pittura. Vincitrice di alcuni premi, ha pubblicato: L’aspra terra del Sud (1991); Verso mezzogiorno (1995); Allegria di cavalli a dondolo (1998); Spettri dal lucernario (2007); I miei colori scalzi (2020). Collaboratrice della rivista «Hyria», diretta da Aristide La Rocca, suoi testi sono pubblicati in riviste e antologie: Il calamaio; I valori della poesia; La persistenza del dubbio; Matrix Divina; Legami d’arte; Archivio afragolese; Linee di Storia Letteraria di Afragola. Nel 1998 costituisce il gruppo-teatro “L’Artefatta” con l’attore e regista Biagio Zanfardino. In pittura ha esposto in numerose mostre personali
Come ti sei avvicinata alla poesia?
Fin dalla mia infanzia ho sempre amato i libri e la lettura, era un modo per sognare e creare un mio mondo dove a nessuno era consentito di entrare. Ma è stato durante la mia adolescenza e fra i banchi del liceo Artistico di Napoli che ho avuto l’incontro con la poesia, attraverso l’insegnamento della mia docente di Italiano che amava declamare versi, spesso con un sottofondo musicale, ruolo però fondamentale l’ha avuto la mia più cara amica che scriveva versi e mi rendeva partecipe delle sue piccole composizioni. Erano gli anni della protesta studentesca, il famoso ʼ68, che avrebbe segnato per sempre il mondo della scuola, della società e anche dei miei primi versi.
C’è stato qualcuno che devi ringraziare per averti dato, che so, dei consigli di come muoverti nel tuo percorso artistico?
Agli inizi degli anni ʼ90, quando mi sono sentita certa di voler pubblicare la mia prima silloge, mi sono rivolta allo storico Gaetano Capasso, figura di grande spicco della nostra provincia, per chiedere un suo giudizio e se riteneva di voler curare la prefazione; è così che vide la luce “L’aspra terra del Sud”. Non ci furono aggiusti né rimaneggiamenti, solo il consiglio di evitare le tante e forse troppe virgole, ottimo consiglio perché da quel momento dai miei versi sparirono le interpunzioni. Sicuramente Aristide La Rocca, poeta nolano e direttore della rivista «Hirya», è stato il mio mentore, colui che ha saputo indirizzare la mia linea poetica; lo devo ringraziare per avermi dato la possibilità di collaborare con la sua rivista per recensire mostre d’arte e di pittura. Ho collaborato con lui e l’associazione “Logopea” di Armando Saveriano a spettacoli di poesia-teatro, dando vita al gruppo del “Simbiarte”.
Hai da poco pubblicato un volume, I miei colori scalzi (Giuliano Ladolfi ed., 2020). Si legge nella nota critica di Armando Saveriano, «Carmela Carmina Esposito non ha accettato, fin dagli esordi, l’azzardo… e come pittrice e come poeta… di un appuntamento alla cieca con il creativo Fare. Ha ben ponderato. Ha misurato i passi». Quanto sei d’accordo con questa affermazione?
Per carattere sono una persona riflessiva e ponderata, anche se compio un azzardo, è profondamente studiato. Questa mia affermazione potrebbe sembrare poco rispondente al lavoro creativo dell’artista ma un progetto viene fuori solo dopo una sedimentazione e maturazione completa ed ecco che poi si compie il miracolo…immaginazione, creatività aprono le porte a nuove prospettive, a nuovi territori, prendono vita i versi, le forme, i colori.
Ritornando alla nota saveriana («Non si è adagiata su un letto cedevole, non ha imboccato allettanti scorciatoie») si evince che la tua poetica trae risorse da una rassicurazione di una visione dell’ordine, da un’emozionale atmosfera conciliante. Puoi spiegarci meglio questo concetto?
Nel mio percorso artistico, nel lavoro, come nella vita “non ho mai imboccato scorciatoie”, questo fare non è nelle mie corde, non è nel mio agire. Nella mia vita mai sono scesa a compromessi né mi sono servita di amici compiacenti, forse per questo sono apprezzata da chi mi conosce e mi stima per la mia onestà intellettuale, che forse non paga ma che mi rende “libera”.
A questo punto due domande si rendono doverose: quali sono gli argomenti alla base della tua poesia? Che considerazione hai della ricerca poetica, della sperimentazione di nuove forme poetiche?
Inizialmente (L’aspra terra del Sud, Verso Mezzogiorno) ho trattato temi sociali, il territorio di appartenenza denigrato e maltrattato, terra, erba, limoni, rondini, mesi, stagioni, terra mediterranea, terra del Sud, poesia mediterranea. Mi sono poi accostata a dei temi più surreali e come citava Aristide La Rocca addirittura “felliniani”, un’evasione nel reale, con una essenzialità lessicale che si raggruma spesso in neologismi: mezzochiusi, rossorame, capochino, piediscalzi, albanguria, questo in Allegria di cavalli a dondolo. Nell’ultimo lavoro, I miei colori scalzi, i temi a me cari trovano compiutezza e maturità: il tempo che passa, gli affetti, i silenzi, ma anche il sociale. La sperimentazione creativa è la naturale conseguenza del progresso, attraverso la ricerca di nuove forme e formule poetiche si recuperano precise esigenze espressive, produttive, culturali. Esigenze che devono avere la capacità di raccontare con sguardo aperto verso la contaminazione dei linguaggi che muta lo status delle varie forme espressive: la musica si inserisce nella poesia, la pittura esce dal quadro, la parola si condensa in gesti, il teatro si muta in performance ed è ciò che abbiamo fatto noi del gruppo “L’artefatta”. Ci siamo mossi su un terreno che è stato delle Avanguardie storiche e delle Neoavanguardie, ma abbiamo tratto nuova linfa vitale dalle più recenti tecnologie mediatiche (Il giocoliere; Noi interactive book; Dietro le quinte; Terra di Babilonia), con il sostegno dell’artista multimediale, scenografo e designer Max Coppeta, coadiuvati dall’attore e regista Biagio Zanfardino, dalla musica di Andrea Coppeta e da Maurizio Palumbo con il gruppo dei DanzAttori.
In letteratura si può incontrare l’amicizia, cioè fidarsi dei “colleghi” o il poeta lo scrittore sono destinati ad affrontare le problematiche in perenne solitudine?
Sono sempre stata convinta che il lavoro dell’artista prevede e si giova della solitudine in una fase che chiamerei propedeutica, cioè quando il poeta dietro all’impulso delle sue sensazioni, emozioni, crea. Poi sicuramente giunge il momento del confronto che può essere o non essere essenzialmente con altri poeti. L’essere chiusi agli altri, al mondo non porta a nulla, tant’è vero che con il mio gruppo portiamo la poesia nei luoghi più disparati: scuole, biblioteche, chiese, caffè, piazze e con un pubblico eterogeneo per cultura e classe sociale. L’amicizia tra poeti, mi piace credere, esiste.
Oggi il compito della poesia sembra un’autocelebrazione; i poeti sembra non abbiano più “nemici” da contrastare. In giro ci sono troppi poeti della domenica e melensi. Alle presentazioni di libri o letture poetiche trovi quasi sempre le stesse facce (poche). Qual è la tua opinione in merito?
Opero in questo settore dagli inizi degli anni ʼ90 e mi sento di dire che il problema della scarsa partecipazione c’è sempre stato. Il pubblico vuole sentirsi partecipe e coinvolto non ama essere passivo,è forse questo il motivo che ci ha spinto a trovare formule alternative ma non meno qualificate e qualificanti per diffondere non solo la poesia ma la cultura tutta. Amo citare a questo proposito gli incontri di “TRACCE” che per alcuni anni ci ha visto lavorare affianco delle scuole medie e superiori coinvolgendo studenti e docenti in varie iniziative letterarie riscuotendo sempre grande entusiasmo.
Si sa che molti premi letterari, direi il 90%, sono costituiti ad personam, per amici e con una tassa di lettura per leggere qualche testo. Hai mai partecipato ad uno di essi e che opinione ti sei fatta?
Agli esordi del mio percorso poetico, ho spesso partecipato a concorsi letterari, nazionali e internazionali,ottenendo spesso un buon riscontro. Partecipavo per misurarmi con me stessa, per accostarmi a un mondo a me sconosciuto, non avevo amici che mi potessero favorire. Sono risultata vincitrice di pubblicazioni “Verso Mezzogiorno” a Campodimele (LT) e “Allegria di cavalli a dondolo” Bari e altri primi premi, senza dover dire grazie a nessuno. Dalla fine degli anni ‘90 in poi ho preferito ritirarmi dietro le quinte dedicandomi alla scrittura, alla pittura, alla scuola, alle attività della mia associazione e mi sono del tutto allontanata dal mondo dei concorsi come partecipante ma sono rientrata come componente di Giuria, Premio Nazionale “L. Grillo”, Premio “Città di Conza”, due belle esperienze dove ho messo in campo le mie competenze, la mia serietà e onestà intellettuale. Sento dire di premi non molto seri, di giudizi discutibili, di Giurie compiacenti ma è un mondo che non mi appartiene e da cui rifuggo.
Quale beneficio dovrebbe arrecare un premio?
Dovrebbe tendere a evidenziare i nuovi talenti dando la possibilità di farsi conoscere e favorire momenti di condivisione e di confronto letterario.
E tu, da premi cui hai partecipato, quali benefici hai raccolto?
Benefici economici pochi, ma sicuramente mi hanno permesso di conoscere belle persone del mondo della poesia, della letteratura, della cultura, con cui sono entrata in contatto e con cui ho continuato a intrattenere bei rapporti non solo di amicizia ma anche di confronto.
Oggi, con la crisi dell’editoria, pubblicare un volume non è semplice: le grandi case editrici non ti filano se non sei legato alla politica o a risorse economiche; per di più le piccole (non tutte per fortuna) ti chiedono contributi economici, spesso esosi. Qual è la tua posizione?
Non posso che confermare quello che tu affermi, per questo motivo per le mie pubblicazioni mi sono sempre rivolta a piccole case editrici di una certa affidabilità anche dal punto di vista di contributi economici, come nel caso della mia ultima pubblicazione, I miei colori scalzi, prefazione di Armando Saveriano e copertina di Max Coppeta, pubblicata da Giuliano Ladolfi, una casa editrice seria, disponibile, non esosa.
È risaputo che al giorno d’oggi si legge molto poco; gli autori, che siano poeti narratori o saggisti, a giusta ragione si lamentano di questa inedia. Hai mai cercato di dare una spiegazione a questo fenomeno?
Computer, TV, videogiochi, sono parte integrante della vita dei giovani ma anche degli adulti, sempre meno attratti dal piacere della lettura e sempre più incantati dai like e dai commenti sui social. Questa disaffezione nei confronti della lettura potrebbe essere attribuita proprio a un uso e abuso delle nuove tecnologie, anche se secondo me un libro resta unico e insostituibile amico che ti resta affianco per sempre. La passione per la lettura si trasmette in famiglia, a scuola. Se i genitori sono buoni lettori, spesso anche i figli leggono e trovare docenti che ti insegnano ad amare la lettura è fondamentale. Certo le case editrici non fanno molto per invogliare alla lettura e infatti si va diffondendo sempre di più l’abitudine di rivolgersi a Internet dove esistono moltissimi siti dove poter scaricare libri digitali.
Cosa distingue l’uomo dal poeta?
Rispondere a questa una domanda richiede delle solide basi filosofiche che io non ho, mi riesce quindi difficile. Per me il poeta è un uomo che attraverso la poesia pratica una modalità che gli permette di guardare la realtà, la vita, con occhi nuovi e sgombri da preconcetti. Cioè attraverso la poesia fa in modo che qualcosa che non c’è, che non è percepibile da tutti, riesce a venir fuori e rendersi riconoscibile.
Quanto prendi sul serio la poesia?
Sono una persona ricca di passioni, contraddizioni, certezze e incertezze, esattamente quelle che ogni essere umano ha ricevuto in dono e in questo senso la poesia mi serve e mi aiuta. Prendo sul serio la poesia quanto prendo sul serio la vita, ci credo.
Quando ti sei accorta che potevi fare la poeta?
Non mi sono mai posta l’obiettivo di voler diventare poeta. Ho sempre letto, ascoltato, scritto.
Cosa pensi dei libri digitali? Possono competere con l’editoria tradizionale, cioè con quella cartacea e perché?
Se permettono di diffondere la poesia, l’arte e la cultura tra i giovani ben vengano anche i libri digitali; purtroppo come ho già detto spesso i costi del cartaceo sono molto alti e non sempre accessibili, ci sono molti siti che permettono di scaricare gratis gli e-book non solo di grandi classici ma anche di letteratura moderna, quindi non demonizzerei il digitale, d’altra parte non lo farei mai visto che anche io con il mio gruppo e con il sostegno dell’artista multimediale e designer Max Coppeta me ne sono servita per diversi spettacoli multimediali (Noi Interactive Book, Terra di Babilonia, Dietro le quinte, Voci che nessuno ascolta, Il Giocoliere).
Qual è il tuo rapporto con la politica, con l’ambiente, con i problemi di tutti i giorni?
Il quotidiano lo vivo e lo soffro come qualsiasi altra persona, sono molto vicina ai giovani e alle loro problematiche anche perché penso che ciò di cui abbiamo goduto noi, probabilmente a loro sarà negato per nostra disattenzione e incuria. La politica ha grosse responsabilità per come vanno le cose nel nostro paese, troppo spesso si limita a fare chiacchiere, a dettare proclami, a litigare, a fare polemiche insulse e quindi sono molto delusa e sfiduciata nei confronti di chi ci governa.
Quando non ti occupi di poesia, di cosa ti occupi?
Sono tanti i miei interessi, forse troppi. Da quest’anno sono in pensione e quindi mentre prima il 70% della mia giornata era occupato dalla scuola, le lezioni, i progetti, i laboratori, ora mi occupo per lo più delle attività della mia associazione che sono rivolte a tutti ma in special modo ai giovani studenti, infatti in passato abbiamo curato incontri con la collaborazione docenti dell’Università di Salerno di Scienze della Comunicazione, trattando la letteratura del novecento,la poesia del Sud, il cinema di Pasolini, laboratori di Linguaggio cinematografico con la produzione di corti (Mistero in Biblioteca). Curo anche la presentazione di libri e ultimamente ho scoperto anche il piacere di recensire testi. Ma ho anche passioni più leggere come la buona cucina e il giardinaggio. Per ora la pittura l’ho un po’ abbandonata ma sicuramente poi ritornerà a essere la mia attività preferita.
Hai una ricetta per far uscire la poesia dallo stato comatoso in cui versa?
Non ho la ricetta miracolosa, esprimo una mia idea, un mio pensiero. La Poesia deve uscire dai “salotti buoni”, bisogna far capire soprattutto ai giovani che la poesia non è noiosa non è roba solo per pochi. Cambiare le location dove far incontrare il pubblico con la poesia, preferire i parchi all’aperto, le piazze, le chiese, bar, scuole, auditorium, carceri. Nel tempo mi sono resa conto che la formula della poesia-teatro che abbiamo cominciato a praticare con il Simbiarte di Aristide La Rocca funzionava e funzionava anche di più quando abbiamo inserito le video proiezioni. La multimedialità affascinava i giovani che a fine incontro intervenivano con domande e riflessioni. Ricordo una volta dopo uno spettacolo distribuimmo ai ragazza dei fogli per scrivere le loro impressioni che poi facemmo leggere a voce alta, su uno di questi fogli era scritto “La poesia non morirà mai”. Ecco qualche speranza c’è.
In conclusione: quali programmi hai in cantiere?
Passato questo brutto momento la prima cosa che farò sarà la presentazione del mio nuovo libro ma con una formula nuova, diversa, mi affido alla creatività del mio amico regista e attore Biagio Zanfardino. Poi sicuramente metteremo in cantiere delle attività e laboratori con studenti delle scuole superiori, ne abbiamo una in sospeso dal marzo scorso con studenti del Liceo Artistico di Cardito e l’Istituto Alberghiero di Afragola, in collaborazione con l’Università Vanvitelli e il Prof. Luca Palermo “I colori della cucina”, con loro avevamo già affrontato altri progetti “Cucina futurista tra Storia dell’Arte e Arte Culinaria” e “ Leopardi in cucina”e “Leopardi vita di uomo e di poeta” prendendo spunto dal libro di Raffaele Urraro Questa maledetta vita. I progetti sono tanti, per ora sono chiusi in un cassetto in attesa di tempi migliori.