“Chiamiamo le cose con il loro nome. Sarà tutto più facile” – Oscar Wilde
Per quale motivo tutto ciò che viviamo, oggi, sembra ineluttabilmente legato ad una contingenza quotidiana dettata solo da circostanze e non parte di un disegno di respiro più ampio? Vivibilità , sicurezza, sembrano essere state categorizzate come paradigmi di vita, assurgendo a principi del nostro vissuto in virtù dei quali si governa e si amministra. Valori. Sono questi i ‘nuovi valori’ che abbiamo eletto ed incardinato alla base del nostro futuro? Senza intenti magistrali, vorremmo fare un piccolo viaggio (di parola s’intende) culturale in alcuni concetti. Dalla mitologia in poi il tema del doppio è sempre stato caro alla narrazione, Giano Bifronte e la doppia personalità , il protagonista e l’antagonista, il vincitore e lo sconfi tto. Il tema del doppio in letteratura è ricorrente, ed offre infi nite possibilità . Uno degli esempi più famosi è senz’altro quello di Stevenson, con il suo misterioso caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ma anche Oscar Wilde affronta l’argomento se pur in maniera translata, nel ritratto di Dorian Gray. Perfi no Shakespeare impernia un’intera tragedia sul tema dell’identifi cazione con l’altro in Lady Macbeth, mentre Mary Shelley esplora anche lei le frontiere del confronto con l’altro se stesso in Frankestein. Sono tutti diversi aspetti della medesima espressione, l’identifi cazione con l’altro, e la proiezione di se stessi verso un oggetto o un soggetto esterno, reale o virtuale che sia. La doppia personalità per il tenebroso Mr. Hyde, un inquietante ritratto per Dorian Gray, un complice e antagonista per Lady MacBeth e la generazione di una creatura a propria immagine e somiglianza, se pur distorta, per Frankestein. Allora si iniziava appena a sentir parlare dell’inconscio e di tutto il mondo sommerso nell’inconsapevolezza della mente umana, con i primi approcci alla psicanalisi di Sigmund Freud. L’elemento comune di tutti gli scritti citati è la sintesi del falso perbenismo della società vittoriana di allora, che poi a ben pensarci non si discosta neanche molto dalla nostra mentalità odierna. Ancora adesso, ognuno di noi cela sotto una facciata rispettabile da esibire negli ambienti mondani, un substrato di passioni, desideri ed esigenze rigorosamente celato dietro una maschera di convenienza sociale. Per puro caso ci è capitato di vedere in dvd due fi lm recenti ma non nuovissimi, quello della Comencini “Bianco e Nero†e dopo “XXY†di LucÃa Puenzo. Due fi lm differenti, e pur tuttavia complementari sull’accettazione del “diversoâ€.Bianco e nero narra la storia di integrazione fra bianchi e neri (il titolo è esplicito). La critica non ne ha parlato bene, «Va dato atto alla Comencini di aver avuto il coraggio di portare sui grandi schermi un problema reale, che ci appartiene». Non altrettanto eloquente è il titolo di XXY, in cui si parla della diffi cile storia di Alex, che tutti considerano ragazza e che, invece, presenta anche i caratteri sessuali del ragazzo. A complicare il tutto ci si mette un amico di famiglia chirurgo estetico che vorrebbe operarla per farla diventare ragazza a tutti gli effetti, il fi glio di questi che si innamora di lei e via dicendo. La mente è andata meccanicamente ad un altro fi lm, completamente differente ma uguale nella tematica profonda trattata: “La Stanza del Figlio†di Nanni Moretti. Se in Aprile l’autarchico Nanni diventa papà e getta i ritagli di giornale al negativo accumulati negli anni, indossa panni che non aveva mai osato e dà inizio alle riprese de l’agognato musical, portando felicemente a compimento il tortuoso cammino verso l’età adulta, con La stanza del fi glio il regista compie un ulteriore passo in avanti nel diffi cile mestiere di uomo. Lo si comprende immediatamente, a partire dall’attività lavorativa che Moretti sceglie per il suo personaggio: lo psicoanalista deve, necessariamente, essere in grado di ascoltare l’altro e di eclissarsi per fargli spazio. In fondo, il dramma che Sermonti vive in seguito alla scomparsa del fi glio è, seppur in tono minore, lo stesso con cui devono misurarsi i vari analizzati, dopo la sua scelta di abbandonare la professione. Il confronto con la perdita è, dunque, il tema del fi lm. La morte, però, non è più, come in La messa è fi nita, tutt’uno con una ferita narcisistica: al centro di La stanza del fi glio è il lutto di in uomo che, pur conservando, in parte, determinati tratti, è ormai, inequivocabilmente, cresciuto e capace di amare, nel senso più profondo del termine. Pur tuttavia, anche prima della disgrazia, le attenzioni di Sermonti sono rivolte soprattutto al fi glio, incomprensibile, per lui, nel suo essere alieno da agonismo e competitività , ma comunque amato. Anche il ritorno alla vita, dopo un dolore che non può essere detto, come prova la fallita telefonata all’amico dall’ospedale, avviene con la riapertura all’Altro che, certo, rimanda l’immagine di quanto più amato fi nora, ma pure è visto per ciò che realmente è. La fi danzatina di Andrea è diversa da come se l’era immaginata Paola e, per di più, ha un nuovo amichetto: nonostante questo, Paola, Giovanni e Irene hanno bisogno di lei. Come lei ha bisogno di loro. Al di là del fatto che tali (o altri simili ) fi lm possano essere piaciuti o meno, ci chiediamo (e vi chiediamo): è così diffi cile accettare il diverso, il differente, chi la pensa diversamente da noi o è diverso da noi? Diverso, poi, in che senso? Da chi? Chi stabilisce quel che è diverso? Una statistica numerica? Un colore? Non siamo unici e irripetibili e, quindi, intrinsecamente tutti diversi? La stanza del fi glio, opera di un autore nato come autarchico, insegna che non possiamo fare a meno dell’Altro e che solo uscendo da noi stessi , la vita acquista, o ri-acquista, sapore e signifi cato. E’ per questo che abbiamo deciso di fare questo numero incentrando il nostro Focus sul mondo dell’immigrazione; tematica di cui tanto si discute e che ha visto un gran lavorìo legiferativo sia del nostro governo che del Parlamento Europeo. Lavorìo, invero, misero. Teso più a orizzonti involutivi ed autoreferenziali che a capire e cercare soluzioni alle problematiche della nostra nuova società , ormai, piaccia o no, di fatto multirazziale. Noi, però, facciamo un altro mestiere: raccontiamo. Ecco perché abbiamo deciso di raccontare – come al solito – fatti. Non abbiamo voluto imporre punti di vista. Abbiamo fotografato la realtà , la nostra, certo la nostra realtà .