La pizza genera un business di 12 miliardi di euro in Italia dove sono almeno 100mila i lavoratori fissi nel settore della pizza, ai quali se ne aggiungono altri 50 mila nel fine settimana. Ad affermarlo è la Coldiretti in occasione della vittoria italiana dell’Ig Nobel 2019 per la Medicina per “aver fornito l’evidenza che la pizza può proteggere da malattie e morte, purché fatta e mangiata in Italia” secondo la motivazione del premio che la rivista Annals of Improbable Research e l’Università di Harvard dedicano alle ricerche che fanno “ridere ma anche riflettere”.
Ogni giorno in Italia si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63mila pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio, dove si lavorano in termini di ingredienti durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.
Le contraffazioni per la pizza
Dalla mozzarella lituana al concentrato di pomodoro cinese, ma c’è anche l’olio tunisino e il grano ucraino purtroppo quasi due pizze su tre servite in Italia sono ottenute da un mix di ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori, secondo una analisi della Coldiretti dalla quale emerge peraltro che si moltiplicano le iniziative per garantire l’originalità italiana degli ingredienti al 100%.
Nata a Napoli, la passione per la pizza è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono questa classifica.
Nel dicembre del 2017 è avvenuta l’iscrizione dell’“Arte dei Pizzaiuoli napoletani” nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco che riconoscere il forte legame culturale della tradizione con l’Italia