(Adnkronos) – Pil Italia in crescita dello 0,7% nel 2023 rispetto all’anno precedente, chiuso a a +3,7%, e poco sotto le stime del governo contenute nella Nadef (+0,8%). Lo rileva l’Istat che per il quarto trimestre del 2023 stima che il prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% in termini tendenziali. Il quarto trimestre del 2023 – ricorda l’istituto di statistica – ha avuto tre giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al quarto trimestre del 2022.
“Questo risultato – commenta l’Istat – di cui si sottolinea la natura provvisoria, fa seguito al lieve aumento registrato nel terzo trimestre (+0,1%), e determina una crescita dello 0,7% nel 2023 in termini di valori reali corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati”. Inoltre, sottolinea, “la stima preliminare del quarto trimestre 2023 riflette una flessione del comparto primario ed un aumento sia del settore industriale sia dei servizi. Dal lato della domanda, la componente nazionale misurata al lordo delle scorte è in diminuzione, mentre si stima un aumento della componente estera netta”.
La variazione acquisita per il 2024 resta leggermente positiva, pari al +0,1%
Nel quarto trimestre del 2023 il Pil dell’Eurozona è rimasto invariato rispetto al terzo (0%), secondo la stima preliminare di Eurostat. La crescita per il 2023 rispetto al 2022 è stimata allo 0,5%. Rispetto al quarto trimestre del 2022, l’incremento è dello 0,1%. Anche nell’Ue nel quarto trimestre il Pil è rimasto invariato, crescendo dello 0,5% nel 2023 sul 2022; l’aumento tendenziale nell’ultimo trimestre 2023 è dello 0,2%. I dati della stima preliminare sono incompleti e soggetti a revisione.
Tra gli Stati membri per i quali sono disponibili dati relativi al quarto trimestre del 2023, il Portogallo ha registrato l’aumento più elevato rispetto al trimestre precedente (+0,8%), seguito da Spagna (+0,6%), Belgio e Lettonia (entrambi +0.4%). Cali sono stati registrati in Irlanda (-0,7%), Germania e Lituania (-0,3%) Nel 2023 i prezzi alla produzione dell’industria diminuiscono in media del 5,7% (+34,4% nel 2022); la flessione è sintesi di dinamiche differenziate sul mercato interno (-8,3%; era +42,7% l’anno precedente) e sul mercato estero (+1,9%; +12,0% nel 2022). Lo comunica l’Istat. Nella media del 2023, i prezzi alla produzione per “edifici residenziali e non residenziali” crescono dell’1,4%, quelli di “strade e ferrovie” dell’1,2% (rispettivamente +8,2% e +8,3% nel 2022).
Nella media 2023, i prezzi alla produzione nell’industria registrano ”la più ampia flessione dal 2000, da quando è disponibile la serie storica dell’indice per il mercato totale, ma l’indice (140,9) resta su un livello elevato (100,4 nel 2020)”.
La flessione dei prezzi nel 2023, secondo l’Istat, è spiegata dalle ”dinamiche rilevate sul mercato interno (-8,3%; +42,7% nel 2022), che riflettono soprattutto il venire meno delle tensioni sui prezzi dei prodotti energetici (-24,4%; +104,3% nel 2022); al netto di questi prodotti, i prezzi sul mercato interno crescono del 2,5% in media d’anno (+12,8% nel 2022). Per le costruzioni, la decisa attenuazione della crescita dei prezzi nel 2023 riflette principalmente i ribassi dei costi dei materiali”.
Nel quarto trimestre 2023, rispetto al precedente, i prezzi alla produzione dell’industria crescono dell’1,1% (+1,5% mercato interno, -0,3% mercato estero). A dicembre, i prezzi alla produzione dell’industria segnano ”un calo su base mensile e un’accentuazione della flessione su base annua, dovuti in particolare alle dinamiche negative dei prezzi dei prodotti energetici”, osserva l’Istituto.
A dicembre 2023 i prezzi alla produzione dell’industria diminuiscono dello 0,9% su base mensile e del 16,0% su base annua (era -12,8% novembre). Sul mercato interno i prezzi diminuiscono dell’1,2% rispetto a novembre e del 20,5% su base annua (da -16,5% del mese precedente). Al netto del comparto energetico, i prezzi registrano un calo congiunturale modesto (-0,1%) e una flessione tendenziale stabile all’1,5%.
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