(Adnkronos) – Dopo lo scontro aperto tra ministri del governo Netanyahu sul piano per il dopoguerra a Gaza, interviene il presidente israeliano Isaac Herzog chiarendo la posizione dell’esecutivo sull’ipotesi di trasferimento dei gazawi fuori dalla Striscia al termine del conflitto. E lo fa assicurando che, contrariamente a quanto auspicato dall’estrema destra, il governo del suo Paese non sostiene in alcun modo il trasferimento forzoso dei palestinesi. “Questa totalmente non è la posizione del governo israeliano, del Parlamento israeliano o del pubblico israeliano”, ha detto il presidente Herzog in una intervista all’emittente Nbc.
Alcuni ministri hanno parlato in favore di questa ipotesi, “ma la gente può dire quello che vuole, in un gabinetto di 30 ministri, un ministro può dire quello che vuole, è la politica israeliana”, ha spiegato, riferendosi in particolare alle esternazioni in proposito dei due ministri di estrema destra Bezalel Smotich e Itamar Ben Gvir, che hanno provocato numerose proteste a livello internazionale. Durante l’intervista, Herzog ha poi mostrato un documento di Hamas, scoperto a Gaza dall’esercito israeliano, in cui si parla dell’organizzazione di campi estivi per diffondere “i valori della Jihad” fra i bambini. Il segretario di Stato americano Antony Blinken, in missione in Medio Oriente, ha intanto definito “irresponsabili” le dichiarazioni di Smotrich e Ben Gvir sul trasferimento della popolazione di Gaza fuori dalla Striscia.
I civili palestinesi devono poter “tornare a casa” dopo la fine del conflitto e non essere spinti a lasciare Gaza, ha detto Blinken un conferenza stampa a Doha. Blinken ha sottolineato che negli incontri in Israele sottolineerà come sia imperativo prevenire vittime civili nella Striscia. Infine Blinken ha definito “una tragedia inimmaginabile” la morte di giornalisti di al Jazeera ieri a Gaza. A quasi tre mesi dall’inizio della guerra ad Hamas nella Striscia di Gaza, le divergenze di opinioni e le divisioni interne al governo israeliano sul futuro dell’enclave palestinese stanno intanto diventando sempre più evidenti e, soprattutto, pubbliche.
Mentre il premier Benjamin Netanyahu e il Likud risalgono nei sondaggi dopo l’uccisione del numero due di Hamas, nella giornata di venerdì scorso si è consumato lo scontro aperto tra alcuni dei principali politici israeliani dopo quella che una fonte ha descritto come una ‘lotta’ in una riunione del gabinetto di sicurezza su come gestire le indagini sugli attacchi di Hamas contro Israele del 7 ottobre scorso.
Ma forti disaccordi pubblici si sono registrati anche sul piano postbellico per Gaza. Giovedì scorso il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha infatti delineato un programma che non prevede sia il controllo di Hamas sull’enclave sia tantomeno la presenza di cittadini israeliani sul territorio una volta finita la guerra. Ma il piano è criticato duramente dal ministro delle Finanze di estrema destra Smotrich, che ha invece sostenuto con forza l’idea di un esodo palestinese da Gaza.
Il ministro, in particolare, ha chiesto “la ripresa della costruzione di insediamenti” israeliani nella Striscia e la “migrazione volontaria” dei suoi civili al termine del conflitto. Una visione totalmente differente dal piano del ministro della Difesa, che ha parlato di palestinesi, e non israeliani, a “gestire gli affari civili a Gaza nel dopoguerra”, con Israele che manterrà il controllo della sicurezza mentre ”non ci sarà più presenza civile israeliana nella Striscia di Gaza una volta che gli obiettivi della guerra saranno stati raggiunti”.
“I residenti di Gaza sono palestinesi, quindi gli organismi palestinesi saranno responsabili a condizione che non ci sia ostilità verso Israele”, ha affermato il ministro, spiegando inoltre che sarà una forza multinazionale guidata dagli Stati Uniti, in collaborazione con gli alleati europei e arabi di Israele, che si assumerà la responsabilità della ricostruzione di Gaza nel dopoguerra. Macchina della verità per i ministri e per chiunque partecipi alle riunioni del gabinetto contro le fughe di notizie.
Benjamin Netanyahu vuole intanto correre così ai ripari dopo le rivelazioni dei giorni scorsi relative allo scontro durissimo tra alcuni ministri ed i vertici militari sulla creazione di una commissione d’inchiesta sull’attacco del 7 ottobre. Secondo quanto rivela Channel 12, nel corso della riunione di ieri del gabinetto, il premier israeliano ha detto: “Abbiamo una piaga di fughe di notizie e non sono disposto a continuare così, per questo ho dato ordine di promuovere una legge che prevede che tutti coloro che siedono nel gabinetto e partecipano alle discussioni sulla sicurezza, compresi i ranghi politici e professionali, si sottopongano alla macchina della verità”.
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