Numerose specie ittiche invasive si stanno diffondendo nei nostri mari a causa dei fenomeni di “meridionalizzazione” e “tropicalizzazione” delle acque legati ai cambiamenti climatici.
Fra queste, alcune specie di pesci tossici invasivi, e in particolare i pesci palla, sono diventate oggetto di un progetto di ricerca finanziato dal Ministero della Salute a cui partecipa anche l’Università di Pisa con il FishLab del dipartimento di Scienze veterinarie.
Il progetto “Cambiamenti climatici e sicurezza alimentare: indagine molecolare, microbiologica e tossicologica sulle specie ittiche tossiche presenti nel Mar Tirreno” ha come capofila l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana ed è svolto in collaborazione con il Fish Health Veterinary Officer, Veterinary Services and Animal Health, Ministry of Agriculture & Rural Development di Israele e con ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
Scopo dello studio è monitorare la presenza di specie ittiche invasive potenzialmente tossiche lungo le coste del Mar Tirreno e di caratterizzarle sotto il profilo molecolare, microbiologico e tossicologico.
Il progetto, che ha come obiettivo finale la tutela dei consumatori, sta inoltre realizzando una campagna divulgativa mirata alla formazione dei pescatori e di tutte le altre figure che, a diversi livelli, frequentano l’ambiente marino (come i sub e gli stessi cittadini) al fine di creare una rete che possa permettere un monitoraggio della presenza e della distribuzione di queste specie in tempo reale. In seguito, i risultati delle analisi condotte sugli esemplari recuperati, forniranno un quadro più dettagliato sulla presenza e sulla tossicità di queste specie, consentendo una migliore caratterizzazione del rischio a loro associato.
«I “Tetraodontidae”, meglio conosciuti come pesci palla, possono essere considerati veri e propri “alieni” dei nostri mari – spiega Andrea Armani, Responsabile del FishLab – Originari del Mar Rosso, dal 2003 hanno iniziato a spostarsi, attraverso il Canale di Suez, lungo le coste del Mediterraneo Orientale (segnalazioni si riscontrano soprattutto da Egitto, Israele e Turchia) per arrivare a Lampedusa nel 2013 e diffondersi verso nord. Il problema è che alcune di queste specie sono tossiche, pertanto, oltre all’impatto sull’ecosistema marino che non è da sottovalutare, rappresentano un possibile pericolo per la salute umana».
La tossicità dei pesci palla deriva dall’accumulo di una neurotossina chiamata Tetrodotossina (TTX), che è prodotta da batteri presenti nell’intestino dei pesci e che si concentra soprattutto nel fegato, nelle uova e nell’intestino stesso, anche se a volte si può riscontrare anche nel muscolo.
Se ingerita, la TTX può comportare conseguenze particolarmente gravi per la salute (la tossina è circa 100 volte più tossica rispetto al cianuro di potassio) ed è per questo che i pesci palla non devono essere in alcun modo commercializzati o consumati.
«Con il nostro progetto ci proponiamo di monitorare e recuperare esemplari di queste specie anche per la caratterizzazione tossicologica – continua Armani – Infatti, attualmente i dati sulla tossicità degli esemplari catturati nelle nostre acque sono scarsi. È per questo che stiamo organizzando sul territorio vari incontri e attività di formazione rivolte a tutti i soggetti interessati, come pescatori, sub, ma anche semplici cittadini che frequentano le spiagge».
Il gruppo di ricercatori del FishLab, ha anche prodotto materiale informativo in cui si spiega come riconoscere le 3 le specie di Tetraodontidae che si possono ritrovare nelle acque italiane (Lagocephalus sceleratus o pesce palla maculato; Lagocephaluslagocephalus o capolepre; Sphoeroides pachigaster o pesce palla liscio).