Quando parliamo di riscaldamento globale, pensiamo direttamente all’aumento delle temperature e alle conseguenze dirette che può avere su di noi esseri umani. Tuttavia, nel Mar Mediterraneo sono comparse e continuano a crescere centinaia di specie tropicali. Alcune di esse molto invasive. Gli scienziati stimano che questi pesci tropicali si trovino nelle acque in grande quantità, minacciando la biodiversità con la loro presenza. Tra tutte queste specie c’è il Siganus, un piccolo pesce originario del Mar Rosso. Viene anche chiamato pesce coniglio. Ma attenzione, non c’è da fidarsi di questo innocuo nomignolo. Ad Antalya, in Turchia, gli appassionati di immersioni hanno potuto verificare i danni causati da questo piccolo pesce. “Distese di rocce sono spoglie perché stanno mangiando tutte le alghe che crescono. È un po’ come la superficie della Luna, tutto è bianco nei primi 15-20 metri. Stanno trasformando queste aree in un deserto“, ha affermato Murat Draman, a capo di un diving. Attualmente il pesce coniglio si trova principalmente nel nord-est del Mediterraneo e il suo areale si è esteso sino sud della Sicilia. È stato visto anche vicino a Marsiglia tredici anni fa.
Come è arrivato nel Mediterraneo?
Diverse sono le spiegazioni possibili per la sua presenza nel Mediterraneo. Innanzitutto, l’apertura del Canale di Suez ha permesso di creare un collegamento tra il Mar Rosso e il Mediterraneo. Poi, il riscaldamento del Mediterraneo favorito dai cambiamenti climatici.
Rimane il dilemma: questi pesci mettono in pericolo la biodiversità? Piccolo goloso, il pesce coniglio distrugge l’habitat e le risorse delle specie locali, attaccando alghe e posidonie. “Tutti gli invertebrati, in particolare alcuni crostacei ma anche i pesci, hanno bisogno di questi habitat, per il loro stadio almeno giovanile, per nutrirsi, per nascondersi in quelli che vengono chiamati vivai. Abbiamo ridotto il numero di specie, sia invertebrati che pesci, almeno della metà, nelle aree in cui i Siganus sono molto abbondanti”, spiega Sébastien Villeger, ricercatore del CNRS, su France Info.
Com’è possibile evitare tutto ciò?
Secondo il WWF, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, una possibile soluzione sarebbe ripristinare gli ecosistemi e stabilire una pesca più mirata. Soprattutto perché il pesce coniglio non è la specie esotica più inquietante. Per esempio, un animale più pericoloso, il pesce leone velenoso, attacca altri pesci e il loro ambiente.