Chi sono i pescatori di perle in apnea? Per rispondere alla domanda bisogna prima di tutto declinare il nome pescatore al femminile. Si scoprirà un mondo che ha regalato a scrittori, fotografi e film maker profonde suggestioni. Parliamo delle Ama, donne che si tuffano anche 180 volte al giorno nei mari più esotici per recuperare le preziose gemme che poi adorneranno i colli delle eleganti signore europee e americane. Il lavoro di queste sirene, come tanti, sta gradualmente scomparendo ma il fascino per loro persiste.
Quali sono le perle più pregiate?
Il pregio di una perla è valutato sulla base di tre fattori: forma, colore e lustro, cioè la lucentezza che emana.
Le perle più pregiate in assoluto sono le perle di Tahiti. Sono pescate nei mari della Polinesia francese e hanno un colore caratteristico: nero con infinite sfumature e molto luminose.
Le perle Akoya sono le perle per eccellenza. Bianche, perfettamente sferiche, omogenee nel colore e particolarmente lucenti. Sono coltivate in acqua salata prevalentemente in Giappone, Cina, Vietnam e Corea del sud.
Le perle dei mari del Sud sono le più grandi e preziose al mondo. Dette anche perle australiane, sono coltivate nei mari caldi, tra l’Oceano Indiano e il Pacifico, quindi in Australia, sulle coste meridionali della Cina, nelle Filippine, in Indonesia e Myanmar.
In generale le perle di acqua salata sono più pregiate di quelle di acqua dolce.
Pescatori di perle in apnea: le Ama
La pesca delle perle in Giappone è un rito antichissimo e a officiarlo ci sono delle donne considerate vere figure mitologiche. Sono le Ama. Il termine Ama significa donna del mare e secondo la cultura locale solo le donne sono considerate adatte, per la loro conformazione fisica, a questo tipo di pratica. Si immergono per un tempo massimo di due minuti e arrivano fino a trenta metri di profondità. Pochi secondi per riprendere il respiro e di nuovo giù. Si intuisce perché, come si diceva in apertura, con questo ritmo possono immergersi fino a 180 volte in un giorno. Nei tempi andati, le donne che si dedicavano a questo lavoro stagionale si inabissano nei mari senza alcun ausilio per la respirazione e con indosso solo uno slip. In tempi in cui niente sembra sfuggire al turismo, è più conveniente che si immergano con pinne e maschera. Fatto sta che queste donne riescono a svolgere il loro lavoro fino a tarda età e si riscontra per loro un numero di incidenti inferiore a quelli che capitano ai sub professionisti. Le Ama non sono molto unite tra loro, formano quasi una comunità nella comunità
Le Ama rappresentate nelle arti
Grintose come le Amazzoni, leggiadre come le sirene, le Ama sono comparse su illustrazioni divenute storiche e su francobolli. Sono state le protagoniste di bellissimi reportage fotografici. Il loro fascino ha conquistato, oltre che fotografi e illustratori, anche scrittori e film maker. Nel suo romanzo “La voce delle onde”, Yukio Mishima narra una storia d’amore tra un pescatore e un’Ama in un villaggio di pescatori giapponese.
Inviato da una rivista americana in Grecia ad assistere ai campionati mondiali di nuoto in apnea, James Nestor rimase strabiliato dalle straordinarie performance dei nuotatori che senza alcun ausilio si immergevano fino ad arrivare a 90 metri di profondità. Il fascino per questo particolare rapporto tra l’uomo e il mare che comporta non pochi sacrifici, lo spinse a viaggiare da Porto Rico al Giappone, dallo Sri Lanka all’Honduras scoprendo le Ama. Il diario del suo viaggio alla ricerca degli sport estremi è riportato nel saggio “Il respiro degli Abissi”.
Viaggiando sul filo del fascino esotico arriviamo al cinema che non ha mancato di tributare i suoi onori alla figura delle Ama. Kissy Suzuky, infatti, è il personaggio interpretato dall’attrice Mie Hama, nel film “Agente 007 – Si vive solo due volte”. In questo spettacolare capitolo della saga ideata da Ian Fleming, l’Ama, costretta a sposare James Bond, finisce per innamorarsene (la possiamo comprendere…).