Si è aperta a Perugia la seconda edizione di IMMAGINARIO, uno dei più importanti e innovativi festival della comunicazione dei nuovi media. La manifestazione, scandita da ben sessanta fra eventi, conferenze e tavole rotonde, ha affrontato, in particolare, il nodo dell’interazione e coesistenza di nuovi e vecchi media
La mente dell’uomo contemporaneo, modellata da due secoli di ininterrotte innovazioni spesso di enorme portata, è abituata a recepire le fratture epistemologiche come svolte repentine e irreversibili, in grado di imporre un corso nuovo e differente al nostro modo di essere al mondo. In molti casi, tuttavia, le innovazioni non si configurano come cesure nette fra passato e futuro, incoraggiando, invece, la coesistenza e l’integrazione di pratiche antiche e nuove. La comunicazione, una delle attività più rilevanti e significative della nostra specie, costituisce un esempio emblematico di questo processo: da quando un intraprendente artigiano di Magonza rese economicamente appetibile il processo di stampa, le acquisizioni tecnologiche e culturali in quest’ambito sono state innumerevoli. Gli ultimi dieci anni, inoltre, hanno visto il montare dell’onda dei nuovi media, divenuti sempre più efficienti e, soprattutto, pervasivi. La recente tecnologia di tablet e smart phone, in particolare, è parsa minacciare la scomparsa definitiva della carta stampata, in favore della più economica, rapida, smart, pagina virtuale. Ad oltre un anno dall’immissione sul mercato di iPad e affini, però, questo evento non si è registrato. L’editoria tradizionale, invece, ha addirittura dimostrato nuovo vigore, a dispetto dei sondaggi che la vorrebbero sempre meno rilevante, soprattutto nel processo costitutivo dell’opinione pubblica. Le rilevazioni statistiche, infatti, sostengono che oltre il 65% dell’informazione diffusa proceda unicamente dalla televisione e che una quota minuscola della restante parte sia quella attribuibile a quotidiani, settimanali e periodici: tale polarizzazione, sempre a sentire i sondaggisti, sarebbe particolarmente rilevante in Italia. Gli eventi degli ultimi anni, dell’ultimo lustro, in particolare, hanno dimostrato, al contrario, che i grandi dibattiti prendono le mosse quasi sempre dai giornali e dalla capacità di inchiesta che solo i grandi quotidiani e i mensili sono in grado di dispiegare. È emblematico, a questo proposito, il ruolo che i giornali hanno avuto nel fomentare l’agone politico e, addirittura, nel dettare l’agenda dei più significativi dibattiti. Dal dibattito perugino è emerso uno scenario complesso, caratterizzato dall’interazione di media. Tale interazione non si registra solo nel ricorso a molteplici canali (molte testate tradizionali, ad esempio, hanno affiancato al formato cartaceo un’edizione internet, un formato specifico per i tablet e anche uno o più canali televisivi), ma anche nella contaminazione dei protocolli comunicativi: il linguaggio essenziale peculiare dei nuovi media, ad esempio, segna sempre più vigorosamente anche gli articoli dei giornali tradizionali; di rimando, la comunicazione on line si è dotata di strumenti più complessi, di redazioni più nutrite, per soddisfare l’esigenza di inchieste e di approfondimento. La formula sintetica più semplice, si è affermato a IMMAGINARIO2, prevede che i media tradizionali generino l’informazione e le nuove tecnologie la diffondano con una pervasività e un’omogeneità finora sconosciute ma si tratta, appunto, di una riduzione. La portata reale di questa coesistenza è, infatti, ancora non valutabile e non solo perché si tratta di un fenomeno troppo complesso per fare ipotesi preventive: la vera, incontrollabile, innovazione è che, per la prima volta, milioni di persone escluse dal circuito comunicativo avranno l’occasione di partecipare attivamente alla produzione, condivisione e diffusione delle conoscenze.
Andrea Caprioli