Guardando GranG, a volte, mi accade di trovarlo così tanto distante da me, dalle mie abitudini, dai miei modi a causa delle sue diversità.
Certo, è stato proprio questo ad attrarci all’inizio. Lo so, vi sento mentre me lo state ricordando. Fu proprio la complementarietà che insieme producevano le nostre identità a farci innamorare e trasformare questa attrazione in una lunga e costruttiva alleanza.
I nostri gesti sembravano integrarsi all’unisono. E se pure all’apparenza non ci fosse nulla di simile, avevamo lo stesso scopo e dunque “guardavamo” nella stessa direzione, vero significato del condividere. Eravamo complici, come dovrebbero essere tutte le alleanze.
La nostra storia nacque sulla complementarietà… io tratteggiavo e GranG cancellava quindi i gesti di uno integravano quelli dell’altro senza bisogno di troppe parole o spiegazioni.
Ma, nel tempo, per evitare che si consumasse, io iniziai a fare al massimo della mia perfezione e questo, invece di premiare il nostro legame condusse GranG a non partecipare sentendosi inutile. Come uscirne dunque? Se tratteggio errori che deve cancellare, si consuma ed io temo scompaia per sempre. Se faccio tutto “a modo”, si ferma perché si sente inutile.
E come se non bastasse, quando rimango perplessa dei suoi modi di intervento risolutivi (in fondo è una gomma da cancellare cosa aspettarsi di diverso!), senza che io tratteggi alcuna parola, si allontana ed io mi sento persa temendo di perderlo per sempre. Tra noi si creano spazi da poterci scrivere dentro altri mille tratteggi. In questi momenti potrebbe entrare chiunque ed impadronirsi della nostra storia, stabilendo addirittura un finale diverso.
Faccio errori per farlo partecipare rischiando che si consumi, o mi impegno a tratteggiare alla perfezione facendolo sentire inutile? Inoltre, come mai lui “sente” anche quando non tratteggio alcuna parola? Voi cosa ne pensate? Inviate i vostri pensieri a info@cinquecolonne.it
Vi attendo con grande gioia la vostra Mata.