La nuova stagione del CIAC Centro Italiano Arte contemporanea di Foligno, bellissimo spazio nel cuore del centro storico della cittadina umbra, apre con due nuove mostre: una completa e molti versi spettacolare dedicata al grande architetto, designer, cineasta, musicista UGO LA PIETRA, l’altra al giovane artista GIUSEPPE STAMPONE, classe 1974, già affermato sia in Italia che all’estero.
La mostra Perché il cielo è di tutti e la terra no? di Giuseppe Stampone presenta la produzione recente dell’artista con diversi suoi lavori legati ad alcuni temi-chiave: la dilatazione e la riappropriazione del proprio tempo intimo, tramite disegni stratificati, eseguiti con la penna BIC in nero, rosso e blu, di immagini iconiche prese dal web e rielaborate in pezzi unici in un processo di ribellione alla dittatura dello spazio-tempo frenetico in cui tutti siamo immersi; la reinterpretazione di quadri storici in chiave contemporanea con la denuncia del fenomeno migratorio e della estrema povertà di grandi fasce della popolazione mondiale; la battaglia per una educazione globale, attraverso mappe, guide turistiche e abecedari, che invitano a riflettere su temi attuali come le migrazioni, le risorse idriche, le guerre.
Tra le opere in mostra troviamo: l’installazione P-W Peace and War, lunga 13 metri con 114 bandiere corrispondenti ai diversi Paesi vincitori del Premio Nobelche denuncia la logica di potere alla base del più importante riconoscimento internazionale; la tavola Origine du monde, rielaborazione del Ratto d’Europa di Rembrandt, che evidenzia il fallimento della primavera araba e le nuove guerre di religione; venti disegni del ciclo sui Dittatori del XX secolo con immagini prese da copertine di varie riviste internazionali, ridisegnate in un ironico reset contemporaneo; una grande mappa divisa in 12 moduli di 1 metro quadro ciascuno con immagini iconiche da tutti i paesi del mondo; la nuova opera su tavola sempre disegnata a penna BIC Perché il cielo è unico e la terra è tutta spezzettata (da una frase di Rodari) in cui viene riattualizzato, mettendo in evidenza il rapporto tra potere e sovranità, il polittico detto di Donna Brigida del 1492 di Nicolò Alunno conservato nella chiesa di San Nicolò a Foligno.
Quest’opera è affiancata da sei cornici, vuote al loro interno, in legno bianco sul bianco dei muri, accompagnate da una targhetta in cui sono indicati autori e dati tecnici dell’opera evocata, come La resurrezione di Piero della Francesca, La zattera della Medusa di Gericault, La libertà guida il popolo di Delacroix, Il QuartoStato di Pellizza da Volpedo, La rivoluzione siano noi di Beuys e Guernica di Picasso, aggiornamenti di fatti passati con quelli odierni; lo spettatore viene chiamato così ad una precisa responsabilità perché quello spazio vuoto va riempito dalla sua forma mentis che, per vedere l’opera, deve ricostruirla mentalmente riportandola alla fantasia e alla coscienza.
Un’altra installazione che si rifà alla frase di Rodari è fatta di gomma piuma e pittura ad olio con l’intento di ridisegnare la possibilità di cielo; Linea retta finita è un camion giocattolo tridimensionale con la scritta Emigration Made come quella della Coca Cola e un telecomando per gestirlo che ironizza sui camion che trasportano gli emigranti; infine il video dell’importante lavoro Saluti da L’Aquila, dedicato alla tragedia del terremoto, dove scorrono, come titoli di coda di un film e per il tempo di durata della scossa sismica, i nomi delle 308 vittime.