Giocare a calcio non è una cosa per donne. In fondo si sa: le femmine sono più portate per l’accudimento mentre i maschi per le discipline tecniche. Abbiamo voluto intenzionalmente unire due episodi accaduti di recente come il caso dell’attrice Aurora Leone alla partita del cuore e le ultime dichiarazioni del senatore leghista Pillon per fare insieme una piccola riflessione sul sessismo, da un lato, e sul femminismo, dall’altro, in Italia.
Aurora Leone e la partita del cuore
Che il mondo del calcio sia riluttante ad accettare la presenza femminile non è una novità. Lo dimostrano la scarsa attenzione mediatica per le squadre di calcio femminili e la bassa considerazione per gli arbitri donna (in un’occasione a un giornalista questa “bassa considerazione” è costato il posto di lavoro e la radiazione dall’albo) ma non è questo il punto. Il punto è quello che le donne vogliono. Mi spiego. In una recente intervista, Natalia Aspesi, che di lotte femministe o, come diciamo oggi, per la parità di genere, ne ha una lunga esperienza, ha dichiarato che il femminismo di oggi è vittimista. Pertanto la domanda è: cosa vogliono le donne oggi? Vogliono davvero combattere per i loro diritti o semplicemente lamentarsi?
Femminismo o vittimismo
La scelta di Aurora Leone di denunciare quanto accaduto durante la cena la sera prima della partita del cuore somiglia un po’ alla scelta di qualche settimana prima di Rula Jebreal di non partecipare al programma “Propaganda live” perché unica ospite donna. Cos’hanno in comune le due storie? Entrambe le donne hanno deciso di “denunciare” il torto subito sui social, un luogo che è diventato a tutti gli effetti un serbatoio di odio dove è praticamente impossibile instaurare un dibattito serio e costruttivo su qualsiasi argomento. In secondo luogo, cosa hanno ottenuto le due donne con questa modalità? Hanno senza dubbio alzato un polverone che lascerà il tempo che ha trovato. In più, Aurora Leone non ha partecipato alla partita come sperava ma al suo posto sono scese in campo le giocatrici della Juventus femminile (operazione d’emergenza discutibile dopo la valanga di critiche). Rula Jebreal non ha dato il contributo per il quale era stata invitata. Se quel programma prima del suo invito aveva un solo ospite donna, dopo ha avuto solo ospiti uomini.
Il lavoro duro
Questo ovviamente non significa che bisogna accontentarsi del poco spazio che viene concesso. Significa cogliere delle opportunità per compiere sempre più passi avanti se davvero si è convinti di portare avanti una battaglia. Quest’ultima considerazione ci riporta a una grande donna che ci ha lasciati ieri: Carla Fracci. Un doveroso omaggio a una donna che ha vissuto la sua vita in un ambiente durissimo com’è quello della danza. Ha danzato nei teatri di tutto il mondo con ballerini del calibro di Rudolf Nureyev, Mikhail Baryshnikov. Le sue Giselle, Medea, Francesca da Rimini sono indimenticabili. Ruoli ai quali ha dedicato un duro e costante lavoro. Forse è questo che dobbiamo riconquistare oggi: la capacità di lavorare sodo e arrivare ovunque vogliamo perché le nostre attitudini le decidiamo noi.
In copertina foto di Markus Winkler da Pixabay