Così ridevano di Gianni Amelio è un film del 1998 che fece incetta di importanti premi italiani: soprattutto riconoscimenti alla regia e alla fotografia di Luca Bigazzi, acclamato alla 55° Mostra d’arte cinematografica di Venezia, ai Nastri d’argento e ai David di Donatello. Enrico Lo Verso e un giovanissimo Francesco Giuffrida sono Giovanni e Pietro, due fratelli siciliani che emigrano a Torino alla fine degli anni Cinquanta per sfuggire ad una condizione di povertà nella loro terra. Rimasti orfani, Giovanni instaura con il fratello più piccolo un rapporto che sostituirà quello genitoriale, che oltre ad un grande affetto prevederà anche l’innescarsi di una degenerazione perversa rispetto alle aspettative riposte nel giovane Pietro, il quale mandato a studiare a Torino qualche tempo prima che Giovanni lo raggiunga per trovare lavoro, non ha il coraggio di rivelare al fratello, ostinato nel considerarlo promettente di un futuro da insegnate di scuola e in grado di salire quel gradino sociale che riscatterebbe tutta la famiglia, che lui in realtà non è sicuro di cosa voglia dalla vita, di quale posto nel mondo occupare davvero. Quindi i primi tempi Pietro approfitta della condizione di studente raccontando bugie sul suo andamento scolastico per niente di successo. Persiste però la convinzione di Giovanni che Pietro sia un esemplare intellettuale, così forte da non volere vedere e nemmeno considerare l’ipotesi di una realtà diversa, come se fosse entrato in una condizione di trance procurata dall’attaccamento a questo sogno di futuro di rivalsa, quindi impedisce al fratello tutte le alternative: lavora sodo partendo anche dai più umili mestieri in una Torino spietata e razzista, attraversata dall’iridescenza del grigio delle fabbriche,delle stazioni, dei mercati a fine giornata, dalla freddezza delle baracche per gli immigrati del sud.
Quella di Giovanni e Pietro è la storia di un equivoco dalle radici culturali che si sviluppa tramite una discesa scambiata per ascesa, in un’accezione negativa di epico. Gli anni del racconto sono quelli dal 1958 al 1964. Pietro non riuscirà a proseguire con le bugie sfondando il muro di convinzioni che Giovanni ha innalzato tra di loro e scomparirà improvvisamente nel nulla, non permettendo al fratello di mantenerlo ancora, ma dandosi l’opportunità di essere indipendente e poi riuscire a recuperare gli anni persi a scuola superando finalmente l’esame. Una volta raggiunta una parvenza di identità propria, Pietro torna da Giovanni per raccontargli di quanto possa essere realmente orgoglioso di lui, troverà il fratello a capo di una cooperativa sociale messa in piedi negli anni, che si occupa di aiutare gli immigrati dal sud Italia a trovare lavoro: un microcosmo in cui Giovanni è rispettato da tutti, come un padrino. Resta sospesa infatti l’idea che Giovanni possa aver dovuto scendere a dei compromessi non trasparenti e non legali per questa scalata professionale, soprattutto nel punto della storia in cui Pietro vedrà compiere al fratello così stimato e adorato, un delitto. Da questo punto in poi, il ribaltamento definitivo e sostanziale di ciò che avevamo creduto di Giovanni: accecato da una visione piuttosto che capace di un amore fraterno reale, permetterà che Pietro prenda la colpa del suo crimine condannandolo ad una vita che non era quella agognata tramite tutti gli sforzi negli anni precedenti. Giovanni tuttavia continuerà a recitare una farsa di cui non sarà mai del tutto lucidamente consapevole: di fratello amorevole, pensando che con i soldi riuscirà a far ridurre la pena di Pietro.
24 Marzo 2015
PARLIAMO DI EMIGRAZIONE: COSÌ RIDEVANO
Scritto da Giulia Distefano
Il film di Gianni Amelio del 1998 racconta di Giovanni e Pietro, due fratelli siciliani emigrati a Torino