Mancano poche settimane all’evento canoro più seguito dell’anno: il Festival di Sanremo. Ancora pochi i dettagli sull’edizione di quest’anno e tante le domande sulla sicurezza. Quello che, invece, sappiamo con certezza è che, dopo 39 anni, questa sarà la prima edizione senza il suo corrispondente più rappresentativo: Vincenzo Mollica. Lo scorso anno, infatti, lo storico cronista Rai è andato in pensione e si godrà lo spettacolo dal suo salotto. Vincenzo Mollica non ha fatto mistero di essere affetto dalla malattia di Parkinson che affronta con il suo noto senso dell’umorismo. Attualmente, in Italia, sono circa 600.000 le persone affette da questa malattia.
Parkinson: cos’è la malattia di Vincenzo Mollica
La malattia di Parkinson, o Paralisi agitante come la definì lo studioso inglese dell’Ottocento al quale è legato il nome, è una malattia neurodegenerativa di cui sono ancora ignote le cause. Il suo esordio si ha nel momento in cui un danno dei neuroni dei gangli basali provoca un rapido calo nella produzione di dopamina. I gangli sono quell’area del cervello responsabile dei movimenti del corpo, infatti i sintomi riguardano principalmente il movimento:
- tremore in fase di riposo (in genere alla mano, a un piede o alla mandibola). E’ il sintomo più caratteristico;
- rigidità muscolare (può interessare, gli arti, il tronco o il collo). In genere è il primo sintomo e spesso è ignorato;
- disturbi dell’equilibrio: compaiono a malattia avanzata e rappresentano un grave rischio per le cadute;
- problemi di deglutizione: si manifestano anch’essi nelle fasi successive della malattia e rappresentano un serio pericolo;
- lentezza nei movimenti: anche i movimenti più semplici, come quelli della vita quotidiana, avvengono in modo lento. A questo sintomo è correlata, per esempio, una ridotta espressione del volto.
Questi sintomi possono interessare in modo asimmetrico i due lati del corpo.
Parkinson e depressione
Un altro sintomo tipico della malattia di Parkinson è la depressione. Sintomo che può comparire come precursore della malattia ma che purtroppo ne rende difficile la diagnosi. L’impossibilità di individuarla precocemente è un’altra delle sue caratteristiche. La cosa non stupisce se si pensa che le linee guida sul Parkinson risalgono al 2013 quando le persone affette da questa malattia erano 230.000. Nelle linee guida si parlava di un percorso diagnostico che doveva interessare diverse professionalità mediche: il medico di famiglia, il geriatra il neurologo, lo psichiatra e si erano individuati trattamenti neurochirurgici come la stimolazione con pacemaker cerebrale.
Tutela dell’anziano
Tutti discorsi rimasti in nuce in un Paese dove, in otto anni, il numero dei malati di Parkinson è raddoppiato. A oggi, per una malattia dalle pesanti conseguenze sociali come il Parkinson, non abbiamo dati che diano il quadro della situazione se non quelli di fondazioni private. Dov’è il sistema medico assistenziale necessario per una patologia come questa che colpisce essenzialmente la fascia d’età tra i 60 a gli 80 anni e che comporta un enorme rischio di isolamento sociale? A che punto sono le ricerche sulle cure con cellule staminali? Nei mesi appena passati ci siamo indignati per le dichiarazioni di quanti, di fronte alla pandemia, non hanno manifestato la dovuta preoccupazione considerando l’età così elevata di contagio e di mortalità. Perché la terza età è sempre in coda alle priorità del nostro Paese, scaricata com’è sulle famiglie e sul volontariato?
In copertina foto di indeciso42