La parità di genere nel lavoro oggi può essere certificata. In risposta agli obiettivi fissati dal PNRR in materia di inclusione, il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha, infatti, introdotto un sistema di certificazione ad hoc. Le aziende che ne fanno richiesta sono analizzate secondo determinati Key Performance Indicator (KPI) in sei aree specifiche:
- Cultura e strategia,
- Governance,
- Processi Human Resources
- Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda
- Equità remunerativa per genere
- Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro
Ogni indicatore ha un punteggio e se la somma dei punteggi raggiunge almeno il 60%, l’azienda ha diritto alla certificazione. La certificazione ha una validità di 3 anni ed è soggetta a un controllo annuale da parte dell’ente accreditante.
Parità di genere nel lavoro: i vantaggi per le aziende
Vediamo quindi come la parità di genere sul posto di lavoro sia un processo che l’era post covid ha voluto innescare dopo i disastri causati dalla pandemia. La certificazione della parità di genere non è obbligatoria per le aziende anche se porta dei vantaggi fiscali. Le aziende in possesso della certificazione possono accedere a una serie di sgravi fiscali: possono ottenere l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali. Ottenere la certificazione significa anche adeguarsi agli standard europei sulla lotta al divario di genere.
TÜV Italia è una delle aziende che ha ottenuto la certificazione per la parità di genere. Con la sua quota femminile del 46% e il 39% delle donne che ricoprono ruoli manageriali ha saputo trasformare la presenza femminile in azienda da sfida a opportunità. TÜV Italia, però, ha fatto qualcosa in più qualificandosi essa stessa come ente certificatore. Abbiamo parlato di questo cammino che non si arresta mai con Francesca Valenti, Sales Manager per la Divisione Business Assurance di TÜV Italia.
Foto gentilmente concesse da TÜV Italia