Chi soffre di questo noto disturbo d’ansia vive costantemente uno stato psichico cosciente caratterizzato da un sentimento di angoscia e apprensione. Il panico consiste in una forte paura senza nome, slegata dalla riflessione, che scatta di fronte ad un pericolo (reale o presunto che sia) e che porta il soggetto a compiere atti avventati ed inconsulti. Il termine deriva dal greco πανικòς, cioè “che si riferisce al Dio Pan”, simbolo della natura e dell’universo e rappresenta una condizione psicopatologica che colpisce oltre 10 milioni di persone in Italia.
Il panico e i sintomi più comuni
Secondo recenti statistiche a soffrire di panico sarebbe quasi il 3,5% della popolazione mondiale. Il disturbo esordisce nella tarda adolescenza o nella prima età adulta e si caratterizza soprattutto per l’insorgenza improvvisa di svariati sintomi, come: batticuore, difficoltà a respirare, vertigini, senso di estrema debolezza, tremori, sudorazione, formicolii, dolori al petto, tachicardia, ipertensione (o ipotensione), respiro corto, vampate, nausea, derealizzazione, depersonalizzazione, disturbi addominali e un’incontrollabile paura di morire. I sintomi appena menzionati raggiungono il culmine nell’arco di circa 10 minuti, per poi sparire del tutto, senza lasciare tracce. Chiunque soffra di panico, vive nella continua preoccupazione di subire nuovi attacchi, nel terrore di perdere il controllo e tende ad evitare luoghi potenzialmente “pericolosi”; sebbene spiacevole, non si tratta di un disturbo dannoso.
Quando si diagnostica il disturbo del panico?
Prima di proseguire con l’approfondimento sul panico, va puntualizzato che chiunque in situazione di pericolo può subire un attacco, ma ciò non significa che sia necessario fare diagnosi del genere. E a tal proposito, per poter diagnosticare il disturbo in questione è necessario che si soddisfino i seguenti criteri: presenza o assenza di agorafobia, nel senso che il panico può manifestarsi anche in assenza di timori tipicamente agorafobici; gli eventuali attacchi non devono essere causati dagli effetti fisiologici diretti di una sostanza (si pensi ad esempio agli effetti della droga) o di una condizione medica generale (ipertiroidismo); gli attacchi di panico non vanno giustificati da ulteriori disturbi, come la fobia sociale; un solo attacco non basta per poter fare diagnosi di disturbo di panico.
La condizione psicopatologica dell’agorafobia Non a caso, abbiamo pocanzi menzionato l’agorafobia. É vero che il disturbo di panico può manifestarsi in presenza o assenza di quest’ultima, ma è pur vero che non di rado il panico viene associato alla condizione psicopatologica dell’agorafobia stessa. Anche in questo caso parliamo di un disturbo d’ansia che consiste nella sensazione di paura o grave disagio provato dal soggetto quando si ritrova in ambienti non familiari o contesti restrittivi, da cui risulterebbe difficile (per non dire imbarazzante) allontanarsi. Rispetto al panico, quello dell’agorafobia è un fenomeno psichico più invalidante, dal momento che chi ne soffre diventa letteralmente dipendente dalle mura domestiche, o è costretto ad uscire di casa solo se in compagnia di una persona fidata.
Come curare il panico?
Che il panico risulti essere un disturbo sintomatologico tanto complesso, quanto diffuso, è quindi abbastanza chiaro. Nonostante non sia pericoloso, è comunque importante non sottovalutarlo e rivolgersi ad un medico specializzato. La forma di psicoterapia che la ricerca scientifica ha dimostrato essere più efficace è quella cognitivo-comportamentale: essa consiste in una terapia dove il paziente, assieme allo psicoterapeuta, si impegna attivamente nella soluzione del problema, si concentra sull’acquisizione di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali alla cura del panico, al fine di spezzare i circoli viziosi che lo alimentano.