Chiariamolo subito: su questo giornale non troverete il video del paziente morto all’ospedale Cardarelli di Napoli. Non esiste filtro per uno scempio simile. Non vogliamo ergerci a Savonarola “denoartri” e fustigare il comportamento di chi ha avuto questa idea e di quanti sui social hanno girato e retweettato il post rendendolo virale. Vogliamo semplicemente fare una riflessione insieme su un evento a dir poco scioccante accaduto in un momento storico epocale.
Il video del paziente all’ospedale Cardarelli
Punto primo: il video denuncia. Secondo quanto accertato finora, l’autore del video sarebbe un paziente del reparto sospetti Covid del Cardarelli. Il reparto dove i pazienti vengono visitati per poi essere smistati. Una volta prodotto il video, il paziente lo avrebbe trasmesso a un amico chiedendogli di diffonderlo sui social per far conoscere all’esterno la reale situazione nella quale versa quel reparto. Ora: le denunce, quelle vere, si fanno presso la Polizia, i
Carabinieri (dei quali, lo ricordiamo, esiste un drappello presso gli ospedali) o la Procura della Repubblica. Un video può essere un buon supporto alla denuncia. Lo si consegna alle autorità e loro, nella massima riservatezza, fanno i dovuti riscontri. Quello che è accaduto dopo la diffusione del video è più o meno quello che sarebbe accaduto seguendo questa prassi, con una differenza abissale, però, per quanto riguarda il rispetto della dignità umana.
La privacy
Questa considerazione ci porta al punto 2: la privacy. L’amico dell’autore del video avrebbe accolto l’appello e iniziato la diffusione senza alcun filtro. In pratica, nel video girato inizialmente erano ben visibili i volti delle persone riprese. Il filtro che sfoca le immagini sarebbe stato introdotto solo in un secondo momento. Intervistato, il giovane che ha pubblicato il video ha affermato che se fosse nei panni dei parenti del signore deceduto ringrazierebbe per aver visto il loro congiunto nel video. Sarebbe stato l’unico modo, quello, per arrivare alla verità. Bene, a questo punto ci chiediamo: se capitasse a lui di trovarsi in una situazione simile, continuerebbe a essere dello stesso parere? Continuerebbe ad abbracciare questa tesi che è un insulto a ogni codice deontologico oltre che ai più basilari sentimenti di umana pietà? Neanche la tesi dello scoop sulla reale situazione degli ospedali a Napoli e in Campania convince. Presunto realismo da contrapporre al negazionismo.
Negazionismo e spettacolarizzazione del dolore
Punto 3: negazionismo, appunto. Rappresentare la realtà da un lato e negarla puntualmente dall’altro è un gioco che non regge più, lo abbiamo imparato in questi mesi di emergenza sanitaria. L’esercito dei negazionisti cresce sempre di più nonostante le immagini e i dati diffusi costantemente da fonti ufficiali e da organi di stampa. Cercare di convincere qualcuno dalla mente così contorta è solo tempo sprecato. Come recentemente ha spiegato il filosofo Umberto Galimberti: “Il negazionismo è una forma di pazzia e con i pazzi non si ragiona“. Le persone, invece,
sulle quali fanno effetto immagini come queste sono gli amanti della tv spazzatura, dell’infotainment e dei reality show. Quella televisione che si bea della spettacolarizzazione del dolore, dell’indugio sul dettaglio patetico, sugli occhi lucidi del testimone. Quella che nella distorta idea di dire la verità, di rappresentare la realtà, se ne costruisce una a uso e consumo di un pubblico ignorante e credulone. Non ci stupirebbe conoscere la vera identità del signore, che nelle sue intenzioni voleva rendere giustizia a un morto, in un accogliente salottino dalle luci soffuse.
In copertina foto di IlSistemone da Wikipedia