“Cosa vuoi fare da grande?” è la domanda che tutti ci siamo sentiti rivolgere almeno una volta nella vita. Chi ha superato gli anta poteva dare risposte semplici e dirette come: “l’avvocato”, “il medico”, “la ballerina”. A rivolgere la stessa domanda a un giovane di oggi, la risposta più funzionale è: “ciò che mi renderà felice in quel momento”. Parole che non tradiscono una resa a un mercato del lavoro che concede poco spazio ai giovani e alla meritocrazia. Abbracciano, più concretamente, un cambiamento del mondo del lavoro che mostra sempre più dimestichezza con soft skill, formazione permanente, flessibilità. Di flessibilità e competenze traversali, ma anche di approccio al futuro dei giovani d’oggi, abbiamo parlato con Massimiliano Ventimiglia, CEO e Fondatore di Onde Alte. La società benefit, che offre servizi di consulenza e formazione, organizza laboratori di orientamento al lavoro rivolti ai giovani.
Orientamento giovani: cosa dicono gli addetti ai lavori
Massimiliano Ventimiglia, come si articolano i vostri laboratori? Quanto durano e quali sono le tematiche affrontate?
Esistono diverse versioni di Cosa faremo da grandi che durano da un minimo di 3 a un massimo di 5 giornate. Alterniamo momenti di confronto in plenaria, lavori di gruppo, lavori individuali e momenti esperienziali, per portare ragazze e ragazzi a comprendere il contesto, rafforzare diverse competenze e incentivare la riflessione personale. I temi vanno dallo scenario in cui siamo immersi (dal punto di vista professionale, tecnologico, sociale, ambientale, …) alla comprensione di sé, delle proprie capacità, delle proprie paure e di come affrontarle. L’obiettivo è che i partecipanti giungano alla fine del laboratorio con più consapevolezza di chi sono, delle opportunità che hanno di fronte e di come possono accedervi.
Il lavoro “giusto” dovrebbe nascere dalle proprie passioni e al tempo stesso incontrare le richieste del mercato. Come si raggiunge questo risultato?
Per prima cosa, il messaggio che cerchiamo di passare a chi partecipa al nostro percorso è che ormai non è concepibile parlare “del lavoro giusto”, ma piuttosto del percorso – o ancora meglio dei percorsi – che ci faranno sentire realizzati. Concentrarsi su un’unica carriera, come un punto di arrivo monolitico, con una strada ben definita da percorrere, porterà con ogni probabilità a frustrazioni; se invece ci impegniamo a leggere il contesto in cui viviamo, restando aggiornati e aperti al cambiamento e impariamo a conoscere le nostre capacità, esercitarle, metterle alla prova, avremo più possibilità di costruire “i futuri” che sentiamo appartenerci.
Orientamento al lavoro: cosa dicono i giovani
Secondo la vostra esperienza, con quale spirito i giovani approcciano al loro futuro?
In generale, la sensazione che abbiamo incontrando ragazze e ragazzi delle scuole superiori, è che il futuro appaia ai loro occhi come qualcosa di difficile da decifrare, con grandi incognite e allo stesso tempo grandi aspettative nei loro confronti da parte degli adulti. Per questo a volte lo guardano con timore e spaesamento, con la sensazione di non sapersi muovere in questo quadro complesso. Dall’altro lato, però, futuro è per loro anche sinonimo di opportunità per trovare la propria voce, il proprio spazio, la propria strada. In questo senso, vediamo un desiderio enorme di scoprire ciò che li aspetta, confrontandosi con coetanei e adulti per capire come affrontarlo e diventando protagonisti del proprio percorso.
Quali sono gli ostacoli maggiori che i giovani vedono davanti a loro e quali le loro preoccupazioni riguardo al futuro?
Parlare di difficoltà, aspirazioni e percorsi di giovani in generale è sempre complesso: caratteristiche, storie e bisogni sono personali e diversificati. Volendo fare un bilancio, però, ciò che ci sembra preoccupare di più i giovani che incontriamo è l’idea di “sbagliare percorso” e non “saper fare” un lavoro, oltre alla difficoltà ad orientarsi tra le tante opportunità. Ovviamente è una percezione che cerchiamo di allontanare: primo perché sbagliare è naturale e sano; secondo perché, come abbiamo detto, non esiste una “strada giusta”, ma tante possibilità da cogliere per costruire il proprio futuro; infine perché per guardare al futuro con consapevolezza e serenità è fondamentale conoscersi e accogliere le proprie capacità.