“Open Borders” è un lavoro fotografico collettivo, completamente autofinanziato, dedicato alle migrazioni e alle frontiere in Europa, che valica la dimensione della sola informazione giornalistica: utilizzando un network di media indipendenti, “Open Borders” ha attivato una cooperazione attiva con progetti sociali di aiuto ai rifugiati ed è impegnato nella sensibilizzazione della società civile sull’emergenza umanitaria, sociale e politica in corso, divulgando immagini e informazioni raccolte sul campo.
“Open Borders” nasce dall’esperienza di Cosimo Calabrese, Giorgos Christakis, Pierfrancesco Lafratta e Fabio Viola, ideatori, fotografi e autori del progetto, che si trovavano tra Idomeni e Polycastro, al confine tra Grecia e Macedonia, per raccontare attraverso le immagini l’emergenza creatasi con la chiusura delle frontiere in Europa.
La libertà di movimento dei migranti nel nostro continente negli ultimi mesi ha subito delle forti limitazioni in seguito alle decisioni dei singoli stati e dell’Unione Europea stessa.
Al di là della questione politica, ciò a cui si assiste è una tragedia umanitaria fatta di persone, uomini, donne, bambini e bambine a cui l’Europa non riesce a garantire nemmeno adeguate strutture di ricovero temporaneo. Sono queste le storie di cui “Open Borders” vuole dare testimonianza.
a mare culturale urbano in via G. Gabetti 15 inaugura la mostra fotografica “Open Borders”, progetto collettivo dedicato alle migrazioni e alle frontiere in Europa, con la tavola rotonda “Raccontare i confini. Tra testimonianza e rappresentazione”, a cui prenderanno parte Cosimo Calabrese e Pierfrancesco Lafratta di Witness Journal (primo mensile di foto-giornalismo online in Italia), due degli autori delle opere in mostra; Alessandra Lanza, docente all’Università Bocconi e consulente di comunicazione; Natascia Curto e Riccardo Tromba di NAGA, associazione che promuove e tutela i diritti di tutti i cittadini stranieri, rom e sinti; alcuni rappresentanti di Milano Senza Frontiere. A moderare l’incontro sarà Simone Keremidtschiev, giurista e co-fondatore di Milano Città Aperta, rivista online di fotografia dedicata alla città di Milano.
La mostra è visitabile, a ingresso libero, fino al 2 ottobre tutti i giorni dalle ore 11.00 alle 24.00.
La tavola rotonda è il primo appuntamento del ciclo di incontri mensili a ingresso libero “WJ INCONTRA”, ideato e curato da Witness Journal, con cui riflettere su cosa significhi fare reportage, giornalismo d’inchiesta e opere documentaristiche nell’era dell’informazione digitale e indagare il tema del documentario declinato nelle sue diverse forme, fotografia, video e audio.
I relatori degli incontri saranno professionisti del settore che si confronteranno sul tema della narrazione documentaria, condividendo con il pubblico le proprie esperienze sul campo.
OPEN BORDERS, LA MOSTRA FOTOGRAFICA
“Open Borders” è un lavoro fotografico collettivo, completamente autofinanziato, dedicato alle migrazioni e alle frontiere in Europa, che valica la dimensione della sola informazione giornalistica: utilizzando un network di media indipendenti, “Open Borders” ha attivato una cooperazione attiva con progetti sociali di aiuto ai rifugiati ed è impegnato nella sensibilizzazione della società civile sull’emergenza umanitaria, sociale e politica in corso, divulgando immagini e informazioni raccolte sul campo.
“Open Borders” nasce dall’esperienza di Cosimo Calabrese, Giorgos Christakis, Pierfrancesco Lafratta e Fabio Viola, ideatori, fotografi e autori del progetto, che dal 21 febbraio al 1 marzo 2016 si trovavano tra Idomeni e Polycastro, al confine tra Grecia e Macedonia, per raccontare attraverso le immagini l’emergenza creatasi con la chiusura delle frontiere in Europa.
La libertà di movimento dei migranti nel nostro continente negli ultimi mesi ha subito delle forti limitazioni in seguito alle decisioni dei singoli stati e dell’Unione Europea stessa.
Al di là della questione politica, ciò a cui si assiste è una tragedia umanitaria fatta di persone, uomini, donne, bambini e bambine a cui l’Europa non riesce a garantire nemmeno adeguate strutture di ricovero temporaneo. Sono queste le storie di cui “Open Borders” vuole dare testimonianza.