Quest’anno (precisamente il 16 ottobre) cade il decennale della morte di Trebisonda Valla, detta Ondina, nomen che le venne appicciacato, si dice, a seguito di un errore di un giornalista che tramutò il nome Trebisonda in Trebitonda, divenuto poi Ondina, nuovo nome che sostituì definitivamente Trebisonda dopo le Olimpiadi del ’36. Una premessa: quest’articolo non vuole essere una commemorazione, bensì un contributo ad una delle più grandi atlete italiana.
Nata a Bologna il 20 maggio 1916 e deceduta a L’Aquila nel 2006, è stata campionessa olimpionica, prima donna italiana a vincere gli 80 metri ad ostacoli ai giochi della XI Olimpiadi di Berlino del 1936, che fu il risultato più importante della sua carriera. Era il 6 agosto quando Valla vinse la medaglia d’oro col tempo di 11’’7, un decimo in più del giorno prima quando eguagliò il record mondiale della tedesca Ruth Engelhardt che resisteva dal 1934.
La Valla, unica medaglia d’oro alle suddette olimpiadi, e prima medaglia italiana femminile alle Olimpiadi (dopo di lei si devono attendere 44 lunghi anni per vedere un’altra italiana sul gradino più alto del podio: Sara Simeoni nel salto in alto), suo malgrado divenne il simbolo e il vanto sportivo del regime, come era nella politica fascista del tempo, quella della “sana e robusta costituzione”, che fagocitava e “proteggeva” gli atleti migliori per impressionare i nemici d’oltralpe. Al ritorno in Italia fu ricevuta con tutti gli onori a Piazza Venezia da Mussolini in persona. Onori e gloria inferiori soltanto alla Nazionale allenata da Vittorio Pozzo di quegli anni. Gareggiò ad alti livelli per 15 anni, fino ai 40 anni, non solo nella corsa piana o ad ostacoli, ma anche nei salti, vincendo anche contro un fastidioso dolore alla schiena.
Memorabili sono le sfide contro la rivale Claudia Testoni, entrambe tesserate della Virtus Bologna Sportiva, sua concittadina e compagna di scuola media alla Regina Margherita, altra fuoriclasse dell’atletica italiana di quel periodo (naque a Bologna nel1915 e morì a Cagliari nel1998. Fu campionessa europea negli 80 metri ad ostacoli ai campionati europei di Vienna nel 1938: è inserita nella Hall of Fame dell’atletica leggera italiana). Si sfidarono 98 volte in gare ufficiali, con un bilancio a favore di Ondina Valla: 63 vittorie; 33 sconfitte e 5 ex-equo. Con la Testoni formava la 4×100 della Nazionale, insieme a Buongiovanni e Bullano, un gruppo affiatato che alle Olimpiadi del ’36 sfiorò la medaglia di bronzo.
Da amica, la Valla diventò per la Testoni ben presto una rivale: l’amicizia s’incrinò proprio alle Olimpiadi quando in finale arrivarono in quattro sul traguardo. Vinse Valla, ma quella vittoria mandò fuori dalle medaglie l’amica-rivale che risultò quarta al fotofinish, dietro la tedesca Anni Steuer e la canadese Elizabeth Taylor. D’altronde nelle competizioni (in questo caso si tratta di Olimpiadi, massima aspirazione di ogni atleta) l’amicizia viene messa da parte.
Nel 1937 stabilì, con 1,56 metri, il primato nazionale nel salto in alto, superato poi nel 1955 da Paola Paternoster, atleta di prove multiple. Dopo le Olimpiadi fu costretta a diminuire l’attività agonistica per quel male alla schiena citato più sopra che si rivelò poi in ; abbandonò definitivamente l’attività agonistica nel 1943, intraprendendo quella di allenatrice.
Dell’esperienza berlinese, tempo dopo ebbe a dire, come riportato alla voce Olinda Valla, di Mara Cinquepalmi (Enciclopedia delle donne): «Di Berlino rammento la grandiosità dell’apparato. Di Hitler, invece, ho un ricordo confuso. Mi volle conoscere e stringere la mano. Mi disse qualcosa ma parlava in tedesco e io non ci capii nulla. Poi non ho dimenticato le feste, il sindaco e la banda alla stazione di Bologna e il prefetto che fa trasferire il suo segretario perché aveva preparato un mazzo di fiori piuttosto mosci. Avevo vent’anni, allora, e avrei dovuto partecipare anche all’Olimpiade precedente, quella del 1932 a Los Angeles. Ma sarei stata l’unica donna della squadra di atletica e così mi dissero che avrei creato dei problemi su una nave piena di uomini. La realtà è che il Vaticano era decisamente contrario allo sport femminile». Già. Lo sport era ancora una prerogativa maschile, ma la Valle con la sua vittoria incrinò quel modo di pensare.