(Adnkronos) – Sarà pronunciata oggi la sentenza di primo grado nel processo per l’omicidio di Saman Abbas, la 18enne uccisa la notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara. Il verdetto del Tribunale di Reggio Emilia è atteso in serata.
Chiesto dalla Procura, nell’udienza di venerdì scorso, l’ergastolo per il padre della ragazza, Shabbar Abbas, e per Nazia Shaheen, madre della giovane pakistana ancora latitante. Chiesto inoltre il ricalcolo della pena per lo zio Danish Hasnain e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq, riconoscendo per i tre le attenuanti generiche.
Il padre della ragazza uccisa potrebbe rilasciare dichiarazioni spontanee prima che il giudice si chiuda in camera di consiglio per deliberare. Fondamentale, per delineare la dinamica del delitto, è stata la testimonianza resa spontaneamente in aula dal fratello della vittima, Ali Heider che, assistito dall’avvocato Valeria Miari, ha raccontato di aver sentito il padre in casa pronunciare la parola ‘scavare’, invitando poi i cugini e lo zio di Saman a ‘passare dietro le telecamere’, preoccupandosi poi che questa stessa premura la adottasse il figlio, costretto a restare in casa per non essere ripreso.
E’ dall’uscio della porta, infatti, che Heider avrebbe assistito alla scena cardine del delitto. Davanti alla presidente della Corte Cristina Beretti, ha ricordato lo zio afferrare per il collo la sorella per portarla dietro alla serra, insieme ai cugini. Versione contestata dalla difesa degli imputati, a causa dell’ora buia in cui avvenne il fatto e alla scarsa illuminazione che avrebbero reso impossibile riconoscere i volti dei protagonisti.
Una battuta d’arresto, nelle ultime fasi del processo, l’aveva fatta registrare proprio la dichiarazione di inutilizzabilità delle dichiarazioni del giovane pachistano, ascoltato all’epoca dei fatti ancora minorenne senza essere iscritto nel registro degli indagati anche a sua garanzia.
E’ stato sempre il fratello di Saman a ricostruire in aula gli ultimi istanti di vita della 18enne, dalla lite in casa per le chat con il fidanzato scoperte dal padre al cambio di abiti in bagno. Voleva vestire all’occidentale, Saman. E un anno e mezzo dopo, è stata trovata sepolta in una buca. Dopo il delitto Shabbar e la moglie Nazia avevano fatto rientro in Pakistan.
Le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Emilia e del Nor della Compagnia di Guastalla, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia, hanno permesso di acquisire elementi a sostegno delle presunte responsabilità penali dei soggetti, a carico dei quali il 20 e 28 maggio 2021 è stata emessa dal Gip un’Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere.
Le ricerche svolte dai Carabinieri supportati dal Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale confermano la presenza del padre della vittima in Pakistan dove, il 15 novembre dello scorso anno, è arrestato. Le Autorità di Polizia pachistane, grazie all’attività espletata dall’Esperto per l’Immigrazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza presso l’Ambasciata d’Italia ad Islamabad, hanno dato esecuzione alla Red Notice- Interpol (richiesta d’arresto ai fini estradizionali) inserita dal Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia – Divisione Interpol successivamente alla commissione dei fatti.
Al termine di un lungo procedimento giudiziario l’Alta Corte Pakistana il 4 luglio scorso scorso ha quindi giudicato applicabile la procedura di estradizione a carico di Shabbar Abbas. Sulla scorta del giudizio dell’Alta Corte il Governo Pakistano è dato l’assenso per l’estradizione dell’arrestato, che il 1° settembre scorso è quindi trasferito in Italia. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)