(Adnkronos) – Si apre domani, venerdì 8 marzo, a Roma il processo di appello bis nei confronti di Lee Elder Finnegan e Gabriele Natale Hjorth, i due americani accusati dell’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri, Mario Cerciello Rega, ucciso nella Capitale nel luglio del 2019. La Cassazione per i due americani aveva disposto un nuovo processo di secondo grado, annullando per Elder la condanna a 24 anni con rinvio sulle circostanze aggravanti e sulla sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale mentre per Hjorth, condannato a 22 anni, l’annullamento con rinvio riguarda l’accusa di concorso in omicidio.
“Nel nuovo processo i giudici dovranno rileggere i fatti sulla base delle indicazioni della Corte di Cassazione. Auspichiamo, quindi, che si possa arrivare finalmente a una sentenza che fotografi correttamente quanto accaduto – dichiarano gli avvocati della difesa Elder, Renato Borzone e Roberto Capra -. La Suprema Corte è stata molto chiara e ha stabilito che la notte del 26 luglio 2019 i due ragazzi americani non hanno potuto comprendere di avere davanti due appartenenti alle forze dell’ordine e che i carabinieri Cerciello Rega e Andrea Varriale, in borghese, non hanno estratto e mostrato i loro tesserini di riconoscimento. Si tratta di un passaggio che sposta, in direzione della verità, la lettura del fatto nel suo complesso”.
Era la notte tra il 25 e il 26 luglio 2019 quando Mario Cerciello Rega, in servizio con il collega Andrea Varriale, venne accoltellato a poche centinaia di metri dall’albergo dove alloggiavano due giovani americani, Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth, arrestati poche ore dopo il delitto con l’accusa di essere gli autori dell’omicidio. Il vicebrigadiere, quella notte, insieme al collega Varriale era in via Pietro Cossa per recuperare la borsa che i due americani avevano portato via a Trastevere a Sergio Brugiatelli, ‘intermediario’ con i pusher a cui si erano rivolti Elder e Hjorth per acquistare cocaina ricevendo in realtà tachipirina.
I due americani, dopo il furto dello zaino, avevano organizzato un ‘cavallo di ritorno’ per riavere soldi e droga. All’appuntamento però si erano presentati i due carabinieri in borghese e Cerciello ucciso con undici coltellate inferte da Elder. I due diciannovenni dopo l’omicidio erano rientrati nell’hotel Meridien di via Federico Cesi dove sono stati individuati e fermati. Nella stanza dell’hotel gli investigatori hanno trovato anche il coltello usato per colpire Cerciello, nascosto nel controsoffitto.
Grazie alle indagini serrate dei carabinieri del Nucleo investigativo, allora guidati dal colonnello Lorenzo D’Aloia, con i procuratori aggiunti Michele Prestipino e Nunzia D’Elia, la Procura di Roma chiese e ottenne il giudizio immediato per i due americani. Un processo che ha portato il 5 maggio del 2021 alla condanna all’ergastolo per entrambi. Una sentenza che aveva accolto le richieste della procura con il pm Maria Sabina Calabretta.
“La volontà omicidiaria è evidente, anche l’arma, un coltello da combattimento, con lama lunga circa 18 centimetri lo conferma, le ferite riportate dalla vittima escludono che i fendenti inferti a scopo di difesa, tutte le lesioni risultano molto gravi” scrivevano i giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado.
Nel 2022 il processo di secondo grado con la sentenza dei giudici della Corte d’Assise d’Appello arrivata il 17 marzo. Pene ridotte per i due americani, 24 anni per Finnegan Lee Elder e 22 anni per Gabriel Natale Hjorth. Per i giudici di Appello, come si legge nelle quasi 300 pagine delle motivazioni della sentenza, Elder ha tenuto una condotta “del tutto abnorme rispetto a quella posta in essere dal vicebrigadiere Cerciello” e ha “deliberatamente perdurato nella propria azione aggressiva sino a condurla al tragico compimento” mentre Hjorth ha avuto un ruolo di “organizzatore” e di “aizzatore” nell’azione di Elder.
A un anno dalla sentenza d’Appello è arrivato il 15 marzo 2023 il verdetto della Cassazione con i giudici della prima sezione penale che non hanno confermato le condanne inflitte disponendo un nuovo processo d’Appello perché “i giudici di merito hanno ritenuto dimostrata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la circostanza dell’avere l’imputato, pacificamente a digiuno della lingua italiana, compreso di essersi venuto a trovare, in quei drammatici frangenti, di fronte a due Carabinieri”.
“Un assunto – si legge nelle 80 pagine di motivazioni – che, non essendo in alcun modo sviluppato, né correlato a ragionevoli termini esperienziali, logici, oppure a dati obiettivi, finisce con il proporre una mera ipotesi congetturale”.
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