Prosegue con successo la personale “Oltreparola. Alfredo Rapetti Mogol” presso il nuovo spazio espositivo della galleria VS Arte in via Ciovasso 11 a Milano fino al 20 ottobre.
A cura di Gianluca Ranzi, la mostra presenta una selezione di lavori, tra cui alcuni inediti, dove grafemi, segni e parole scomposte affiorano dalla materia pittorica e dai supporti più vari, quali cemento, piombo, vecchi fogli manoscritti, acrilici o pagine di quaderni ingiallite dal tempo.
L’artista usa un linguaggio rigoroso e talvolta scarno che racchiude in sé la ricchezza inesauribile della molteplicità alfabetica, dei suoi riferimenti e delle sue connessioni.
In opere come le sue note “Lettere” fra cui “Lettera bianca” in acrilico su tela del 2014 (135×115 cm) lo scrivere e la decifrazione della parola diventano un nuovo alfabeto che, anche se usato in modo minimale, comprende tutto se stesso e va oltre, per dare inizio a una sorta di grado zero del linguaggio, che parla di vita, di metamorfosi e di dinamismo del mondo. Tracciati di segni, grafemi e parole criptate dalla loro scomposizione diventano quindi strumenti della memoria e riaffiorano dall’indistinto, come in “Cemento bianco” del 2002 (40×80 cm).
In questo modo gli alfabeti si coagulano o si liquefano per dare vita a nuovi insiemi, è il caso dei lavori intitolati “Io sono io”, 2018, in acrilico su piombo (51×41 cm) o nella celebre versione su carta manoscritta a inchiostro blu (19,5×24,5 cm) dove l’opera connette il passato al futuro offrendo nuove prospettive per rileggere, più consapevolmente e più criticamente, la crescente complessità del mondo attuale.
Le parole scomposte inducono a fermarsi, chiedono tempo, sono enigmatiche, come si evince in “L’anima resta” del 2018 realizzata a inchiostro tipografico su carta (28×19 cm), da cui emerge il potere della grande arte di interrogare l’osservatore.
Alfredo Rapetti Mogol è da sempre attratto dalla sperimentazione, dal nomadismo culturale e dalla multidisciplinarietà, come testimoniano non solo le sue incursioni sul confine tra immagine e parola, ma anche tra musica e canto, tra pittura e installazione.
A tale proposito Gianluca Ranzi commenta: “Così l’artista percorre la ricerca che l’arte contemporanea ha condotto sulle interferenze, sulle scomposizioni e le destrutturazioni semantiche, sui corto-circuiti percettivi e sugli scambi che intercorrono tra parola e immagine, contaminando sapientemente tecniche, generi e discipline. In altre parole le opere di Alfredo Rapetti Mogol fondano un nuovo spazio di libertà dove il linguaggio è dato dalla fertile contaminazione di parola e di immagine“.
La mostra è accompagnata da un catalogo con il testo critico di Gianluca Ranzi e le immagini delle opere esposte.