L’extravergine di oliva viene promosso a “farmaco” per prevenire l’infarto e le altre malattie del cuore negli Stati Uniti, smentendo quanti vorrebbero tassarlo e marchiarlo con bollini neri e semafori rossi. Lo rende noto la Coldiretti in occasione della Giornata della Riscossa degli olii italiani promossa nei Mercati di Campagna Amica (www.campagnamica.it) di tutta Italia, in riferimento all’invito pubblicato dalla Food and Drugs Administration (Fda) statunitense ad indicare sulle confezioni degli olii contenenti almeno il 70% di acido oleico che il loro consumo porta benefici cardiovascolari quando sostituisce il grasso saturo dannoso per il cuore. In particolare l’agenzia per la salute alimentare degli Stati Uniti suggerisce di scrivere sulle bottiglie che il consumo di circa mezzo cucchiaio di olio senza aumentare le calorie complessive assunte quotidianamente garantisce un importante effetto di prevenzione per la salute.
Olio EVO: una battaglia vinta?
La decisione della Fda rappresenta una risposta ai bollini allarmistici e alle tasse ingiustificate sostenute da alcuni Paesi con una risoluzione che esorta gli Stati Membri dell’Onu ad adottare sistemi di etichettatura ingannevoli e politiche fiscali punitive per i cibi considerati pericolosi per la salute perché ricchi di grassi, zuccheri o sale, da discutere all’Assemblea Generale a New York entro l’anno.
Un marchio infamante che favorisce i prodotti artificiali e colpisce già oggi ingiustamente le confezioni di extravergine Made in Italy vendute dalla Gran Bretagna al Cile dove vengono apposti semafori rossi o bollini neri per disincentivare il consumo del prodotto base della dieta mediterranea, considerato da sempre un elisir di lunga vita.
Olio EVO: boom di consumi
La promozione conquistata negli Usa rappresenta un ulteriore riconoscimento degli effetti positivi sulla salute associati al consumo di extravergine che ha determinato negli ultimi venticinque anni un vero e proprio boom degli acquisti, con una crescita a livello mondiale del 49% che ha cambiato la dieta dei cittadini in molti Paesi. Un fenomeno particolarmente evidente negli Stati Uniti dove il consumo di olio di oliva – spiega Coldiretti – è addirittura triplicato nello spazio di una generazione, arrivando alla cifra record di 315 milioni chili (+174%) e facendo salire gli Usa al terzo posto dopo Italia e Spagna tra i maggiori acquirenti.
Ma la crescita dell’olio d’oliva sulle tavole di tutto il mondo è avvenuta in modo vorticoso anche in altri importanti Paesi a partire dal Giappone dove i consumi sono aumentati di 8 volte raggiungendo i 55 milioni di chili, mentre in Gran Bretagna si è registrata una crescita del 247,6% fino a 58,4 milioni di chili e in Germania l’incremento è stato del 359,7% fino ai 61,6 milioni di chili.
Una rivoluzione nella dieta delle famiglie si è verificata anche in Paesi come il Brasile dove l’aumento è stato del 313% per un totale di 60 milioni di chili, la Russia con una crescita del 233% anche se le quantità restano limitate a 20 milioni di chili, il Canada con 39,5 milioni di chili e un incremento del 229% e la Francia che con un progresso del 154% ha superato i 111 milioni di chili.
Si aprono dunque enorme potenzialità per la produzione Made in Italy che è il secondo produttore mondiale dopo la Spagna ma che può contare sul primato qualitativo con 47 olii Dop/Igp riconosciuti dall’Unione Europea e 533 diverse varietà di olive dai quali si ottiene un olio con percentuali di acido oleico che variano dal 72% all’83%, ben al di sopra del livello indicato dall’Fda.
Olio EVO: il piano olivicolo nazionale
A pesare quest’anno è il crollo del 38% della produzione nazionale per un “raccolto” di 265 milioni di chili, un valore vicino ai minimi storici, a causa del maltempo con il gelo invernale di Burian e i venti accompagnati dalla pioggia durante la fioritura che hanno ridimensionato pesantemente i raccolti con almeno 25 milioni di piante di ulivo danneggiate dalla Puglia all’Umbria, dall’Abruzzo sino al Lazio e danni fino al 60% in alcune zone particolarmente vocate. Da qui l’esigenza del rifinanziamento del piano olivicolo nazionale (Pon) per recuperare il deficit italiano e potenziare una filiera che coinvolge oltre 400 mila aziende agricole specializzate.