Lo scorso 20 ottobre il Consiglio di Stato ha sentenziato sul ricorso presentato da alcuni medici e infermieri del Friuli Venezia Giulia che avevano contestato l’obbligo vaccinale per la loro categoria. Dopo che il Tar aveva giudicato inammissibile il loro ricorso, i sanitari avevano deciso, infatti, di rivolgersi al Consiglio di Stato. I massimi giudici hanno ribaltato la sentenza del Tar ritenendo il ricorso ammissibile ma lo hanno rigettato. La sentenza inserisce l’obbligo vaccinale per il personale sanitario in una cornice ben precisa, quella di un quadro emergenziale, ribadisce l’assoluta sicurezza dei vaccini e si richiama al principio della responsabilità collettiva. Facciamo il punto su questi tre aspetti importantissimi.
La sentenza sull’obbligo vaccinale per il personale sanitario: la sicurezza dei vaccini
Il primo punto contestato dal Consiglio di Stato agli appellanti, dicevamo, riguarda la sicurezza dei vaccini.
Punto 26 della sentenza
Per quanto riguarda i vaccini contro la diffusione del virus Sars-CoV-2, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata segue, a giudizio della Commissione, un quadro solido e controllato e fornisce valide garanzie di un elevato livello di protezione dei cittadini nel corso della campagna vaccinale.
In merito alla spinosa questione dei tempi di sperimentazione e della necessità di raccogliere ulteriori dati, la sentenza chiarisce che:
Punto 26.4
Il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide sui profili di sicurezza del farmaco … né comporta che la stessa debba essere considerata un minus dal punto di vista del valore giuridico, ma impone unicamente al titolare di «completare gli studi in corso o a condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole».
Così come illustrato dall’ISS secondo i dettami dell’EMA.
Quadro emergenziale
Veniamo al secondo punto contestato dalla sentenza del Consiglio di Stato. Al Punto 30.2 la sentenza precisa che pur non essendoci:
certezze assolute circa la totale assenza di rischi anche a lungo termine connessa all’assunzione dei vaccini … il legislatore, in una situazione pandemica che vede il diffondersi di un virus a trasmissione aerea, altamente contagioso e spesso letale per i soggetti più vulnerabili per via di malattie pregresse – si pensi ai pazienti cardiopatici, diabetici od oncologici – e dell’età avanzata, ha il dovere di promuovere e, se necessario, imporre la somministrazione dell’unica terapia – quella profilattica – in grado di prevenire la malattia o, quantomeno, di scongiurarne i sintomi più gravi e di arrestare o limitarne fortemente il contagio.
In fase emergenziale, infatti, prosegue al 30.7 il legislatore opera in modo «inverso rispetto all’ordinario»
Il macabro paradosso
Il punto 31.6 mette la parola fine sulla pretesa di esercitare un diritto individuale di fronte a una responsabilità collettiva:
fermo restando che i vaccini sono uno strumento di protezione prima di tutto per il personale sanitario «è lecito attendersi dal paziente bisognoso di cura e assistenza, che si rechi in una struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, ed è doveroso per l’ordinamento pretendere che il personale medico od infermieristico non diventi esso stesso veicolo di contagio.»
Punto 31.7
Sarebbe – e in taluni casi verificatisi in Italia a vaccinazione già avviata, purtroppo, è stato – un macabro paradosso quello per i quali pazienti gravemente malati o anziani, ricoverati in strutture ospedaliere o in quelle residenziali, socio-assistenziali o socio-sanitarie … contraessero il virus, con effetti letali per essi, proprio nella struttura deputata alla loro cura e per causa del personale deputato alla loro cura, refrattario alla vaccinazione.
Intanto i sanitari si apprestano a ricevere la terza dose di vaccino.
In copertina foto di Free-Photos da Pixabay