La riserva, che si estende per una superficie di circa 247 ettari, si trova all’interno della caldera dei Campi Flegrei: si è originata cioè a seguito dello svuotamento della camera magmatica dovuto alle potenti eruzioni vulcaniche e al crollo delle rocce sovrastanti. All’interno del cratere si possono ammirare tre depressioni, il più grande delleu quali, il Lago Grande, ospita una ricca popolazione di rane rosse e verdi, ninfee, farfalle euccelli acquatici come folaghe,gallinelle d’acqua, tuffetti, porciglioni e germani reali. É possibile ammirare il paesaggio grazie ad una piattaforma di legno che funge da osservatorio. Un po’ più in là si trova anche uno stagno didattico per dare ai più piccini un esempio di piccolo ecosistema.
Dotato di un ampio parcheggio all’interno, l’oasi è aperta al pubblico tutto l’anno, anche la domenica (con qualche limitazione di accesso per i giorni festivi)fino al tardo pomeriggio e consente visite guidate anche a scolaresche e gruppi di adulti. L’ingresso, a pagamento, è di 6 euro a persona (4euro per i bambini). Appena entrati c’è l’accoglienza di un piccolo staff che fornisce una serie di accorgimenti pratici e un paio di brochure tra cui una mappa del complesso. Ben 180 gradini separano i visitatori dall’itinerario non certo raggiungibile per i meno giovani e in alcune zone reso impervio da piogge,frane e smottamenti.
Ci si addentra in meno di mezzora nel ricco sottobosco fatto di pungitopi,funghi, licheni, gigari, biancospini, ciclamini, ranuncoli ed orchidee selvatiche. Più in là troviamo specie di alberi mesofili quali castagni, franie, olmi e carpini; salendo in altura si può ammirare la più nota vegetazione mediterranea composta di lecci, corbezzoli, ornielli nelle zone più ombrose. Più rada la fauna, visto che è molto difficile scorgere le specie animali che si addentrano nel sottobosco, dalla piccola donnola e dal pigro ghiro alle astute volpi. Unico avvistamento possibile è quello di una splendida coppia di cavalli che vive in tranquillità e quello degli uccelli, presente nell’Oasi con ben 130 specie diverse.
Una vasta area verde con tavoli e panche di legno dominate dall’occhio secolare di un’imponente farnia consentono ai visitatori stanchi di concedersi una pausa meritata, tra il cinguettio di fringuelli, merli e pettirossi. Si nota l’assenza di contenitori di rifiuti e di strutture igieniche adeguate nel corso dell’itinerario, tuttavia ben costellato da insegne e cartelli posti a scopo didattico. L’art.7 del decreto 422/1987 del Ministero dell’Ambiente, che ha sottoposto il cratere alla cura del WWF (Fondo Mondiale per la Natura)e che nel 1987 lo ha trasformato in Riserva Naturale, fa divieto di raccogliere funghi, fiori e altre specie di piante nonché di arrecare disturbo o danno agli animali e cose. Il dissesto idrogeologico non è l’unico nemico di questa meravigliosa oasi, oggi ancora semisconosciuta ai più: bracconieri, vandali e malintenzionati hanno più volte provocato danni non di poco conto all’area che più attente misure di sicurezza avrebbero senz’altro evitato. Altra questione non di poco conto la forte antropizzazione esterna con abusivismi edilizi evidenti e a pochi metri dalle mura di cinta del Cratere. Dal 1970 gli Astroni sono proprietà della Regione Campania. Nonostante POR e altri fondi comunitari poco ancora si è fatto per un patrimonio naturale che potrebbe attirare molti più turisti e capitali, oltre che costituire una veritiera testimonianza della fertilità delle nostre Terre e della nostra ricca storia.