Sono state analizzate nuove pubblicazioni sulla “macchia nera degli agrumi” diffusa in alcuni paesi mondiali produttori di agrumi (ma non in Europa), a seguito di richiesta della Commissione europea e all’emergere di nuove evidenze in letteratura. La “ macchia nera”- Phyllosticta citricarpa (Guignardia citricarpa)- è un fungo che produce gravi perdite produttive ma non è dannoso per l’uomo.
Efsa conclude -considerando dati provenienti dal Sud Africa- non ritenendo di dover aggiornare la propria opinione del 2014, nella quale si suggeriva “moderata probabilità” di diffusione del fungo in Europa- anche se vi èelevata incertezza sulle probabilità di diffusione una volta che il patogeno si sia insediato. Aspetto che problematizza il quadro di insieme. I modelli usati dai ricercatori non sono modelli di infezione, ma hanno valutato zone di compatibilità climatica, e ricalcano in buona parte quelli già forniti da Efsa in passato, con rischio infezione elevato per alcune zone a vocazione agrumicola della Calabria e della Sicilia.
Le misure di gestione della macchia nera sono contenute entro la Direttiva del Consiglio 2000/29 che prevede l’adozione della quarantena. A dicembre 2013 era stato posto in essere un bando di importazioni di agrumi dal Sud Africa, grazie ad una decisione della Commissione. Efsa nella sua relazione dello scorso febbraio aveva sottolineato che le misure (in primis, il blocco alle importazioni) per prevenire il contagio degli agrumeti europei dalla Macchia Nera- risultavano appropriate e andavano pertanto mantenute. Per Efsa, non basterebbero infatti trattamenti eventuali con fungicidi per debellare la malattia, ed era invece necessario mantenere le restrizioni alle importazioni attualmente in vigore. Nel 2012 il Sud Africa ha esportato 600 mila tonnellate di agrumi in Europa e 43mila in Italia.
Tuttavia, il bando delle importazioni è stato fatto rientrare. La Commissione Europea ha deciso nel 2014 di non ascoltare le raccomandazioni dell’Autorità Europa, né ha chiarito il perché. Secondo le nuove misure del 27 maggio 2014, gli agrumi importati dal Sud Africa sono stati oggetto a criteri più rigorosi come i trattamenti chimici pre e post-raccolta e la registrazione obbligatoria delle aziende di confezionamento, nonché ispezioni ufficiali in loco presso gli agrumeti. Almeno un campione di 600 frutti per ogni tipo di agrumi, ogni 30 tonnellate di prodotto, dovrà essere effettuato dalle autorità sudafricane. Tutta la frutta con sintomi sarà analizzata. Inoltre, anche un campione ogni 30 tonnellate di arance ‘Valencia ‘ sarà testato. Non sarà fatta nessuna distinzione tra i frutti degli agrumi freschi da consumo e di agrumi destinati alla trasformazione.
Qualora le restrizioni e controlli attualmente vigenti a contrasto della diffusione del Black Spot venissero revocati, l’EFSA prefigurava alcuni rischi concreti: che derivano dall’importazione:
– di piante di agrumi destinate alla messa a dimora e piante di agrumi con foglie. Tale rischio riguarda tutte le specie di agrumi — compresi aranci, mandarini, limoni, pompelmi e limette – in quanto le spore prodotte da questo patogeno fungino sulle foglie possono venire disperse dall’aria;
– di agrumi senza foglie, perché le spore prodotte sulla scorza del frutto possono essere disperse tramite spruzzi di pioggia.
La proposta della Commissione nasce dalla volontà di usare arance sudafricane per succhi di frutta europei, arance che vanno a finire sulle tavole inglesi, francesi e olandesi. Nella prima proposta la Commissione chiedeva di ripartire con il bando solo nel caso che almeno 5 cargo diversi mostrassero- in seguito a ispezioni- il black spot. Ma i timori di contagio per il Sud Europa sono stati sollevati da Efsa. E ancora una volta si prefigura una lotta commerciale tra paesi del Nord e del Sud.