È il più grande numero di quasar scoperti e descritti in un unico articolo scientifico. Quasi il doppio degli antichi quasar noti finora agli astronomi. In tutto 63, risalenti al primo miliardo di anni di esistenza dell’Universo. A fare la scoperta record, in corso di pubblicazione su The Astrophysical Journal Supplement Series, un’equipe di astrofisici della Carnegie Institution for Science.
I quasar (Quasi-stellar radio source) sono buchi neri supermassicci situati al centro di enormi galassie. Tra i più distanti oggetti cosmici conosciuti, il loro nome, coniato nel 1964 dall’astrofisico Hong-Yee Chiu, deriva dal fatto che i quasar furono inizialmente scoperti come potenti sorgenti radio la cui controparte ottica risultava puntiforme come una stella. La loro straordinaria luminosità è originata da gas e polveri che precipitano nel buco nero, ingoiate dal suo fatale abbraccio gravitazionale.
“I quasar sono tra gli oggetti cosmici più luminosi che possiamo studiare – sottolinea Eduardo Bañados, che coordina il team di astrofisici della Carnegie -. Possiamo dire che gettano letteralmente luce sulle nostre conoscenze relative all’Universo bambino”.
A causa del ridotto numero di quasar conosciuti, la capacità degli scienziati di ottenere informazioni su questi antichi oggetti cosmici è stata finora limitata. Una delle sfide maggiori è proprio individuare nuovi quasar distanti, estremamente rari. Per gli astronomi, è come cercare un ago in un pagliaio. Ma, una volta trovati, questi oggetti rappresentano preziose miniere di informazioni sul primo miliardo di anni di vita dell’Universo dopo il Big Bang.
“La formazione ed evoluzione delle prime sorgenti di luce nell’Universo è uno dei più grandi misteri in astronomia. Per venirne a capo – conclude Bañados -, quasar estremamente luminosi e distanti come quelli scoperti nel nostro studio sono tra i migliori strumenti a nostra disposizione”.