Lo sviluppo di materiali e tecnologie per la produzione di energia dalla luce solare è un tema di grande rilevanza nella ricerca di base e applicata. I pannelli fotovoltaici basati su tecnologie convenzionali hanno un buon grado di efficienza e durata ma sono relativamente costosi richiedendo tipicamente tecniche di sintesi in vuoto e ad alta temperatura.
Recentemente, una nuova classe di materiali ha attratto l’attenzione della comunità scientifica internazionale che opera nel campo del fotovoltaico: le perovskiti ibride organiche-inorganiche ovvero cristalli ionici formati da piccole molecole organiche e alogenuri metallici. Dal loro primo utilizzo in ambito fotovoltaico nel 2009, le celle fotovoltaiche basate su questo nuovo materiale hanno raggiunto nel 2016 una efficienza di conversione del 22.1%, ossia sono capaci di convertire in corrente elettrica quasi un quarto dell’energia solare che le raggiunge. E’ notevole che questo livello di efficienza -confrontabile e, in alcuni casi, superiore alle tecnologie convenzionali utilizzate per il mercato consumer– possa essere raggiunto con tecnologie a basso costo di sintesi chimica in soluzione, simili a quelle per la produzione delle pellicole fotografiche. La combinazione di efficienza e basso costo rende questo materiale estremamente attraente in ambito tecnologico.
Nonostante il rapido progresso, ancora molto rimane da scoprire sulle proprietà elettroniche, ottiche, strutturali e termodinamiche fondamentali delle perovskiti ibride. Progressi nella comprensione di queste proprietà possono portare ad un ulteriore aumento dell’efficienza e della stabilità di celle fotovoltaiche basate su questi materiali ed aprire il campo a nuove applicazioni in svariati ambiti, dai laser ai sensori ottici a sistemi fotocatalitici e termoelettrici.
In uno studio pubblicato su ‘Science Advances’, Alessandro Mattoni dell’Istituto officina dei materiali (Iom) del Cnr di Cagliari ha fornito nuovi elementi alla comprensione delle proprietà termodinamiche e di ‘disordine molecolare’ in questa nuova classe di materiali.
Con i colleghi della Università La Sapienza (dott. Simone Meloni) e del politecnico EPFL di Losanna è riuscito a spiegare una serie di caratteristiche inusuali dello spettro di fotoluminescenza di diversi tipi di perovskiti ibride. I risultati indicano che, a basse temperature -d’interesse per le applicazioni aerospaziali- il materiale mostra diversi gradi di ‘ordine molecolare’ che danno luogo ad una doppia emissione luminescente e una complessa evoluzione con la temperatura. Oltre a produrre effetti sul valore minimo della frequenza di luce che puo’ esser assorbita o emessa (band gap), è probabile che il fenomeno influenzi anche il trasporto di carica elettrica nella cella, e abbia quindi un impatto sull’efficienza del dispositivo. Lo studio indica che l’ottimizzazione delle proprietà delle perovskiti deve tener conto della specifica natura ibrida di questo materiale, e seguire strategie diverse da quelle applicate a semi-conduttori inorganici convenzionali.