Dalle frasi scritte sui muri con le bombolette ai meme sui social network: la satira è ovunque. Possiamo condividerla o prenderne le distanze, fatto sta che quelle freddure smuovono le coscienze, ci permettono di affrontare le nostre emozioni con un sorriso, anche se a volte amaro. Oggi facciamo un’incursione in questo mondo così affascinante e la facciamo con l’aiuto di Marco D’Ambrosio, in arte Makkox, e del suo libro, fresco di stampa, “Nuove mappe del Paradiso”.
Marco, cos’è per te la satira?
È uno degli indicatori di salute della democrazia di un paese, come le rane e gli insetti in uno stagno. Non mi azzardo a dare indicazioni su come deve essere la satira e cosa deve o non deve colpire. Se c’è ed è variegata e libera, bella, brutta, ignorante, sofisticata, disturbante, condiscendente, disgustosa, gradevole, comunque sia è buon segno.
In “Nuove mappe del paradiso”, parli di una serie di tentativi e di incidenti di percorso prima di diventare Makkox. Qual è il più significativo?
Mah. Non ho mai considerato incidenti le cose che mi sono capitate nella vita prima di guadagnarmi la vita disegnando. Neanche sapevo di voler vivere col disegno o col mio senso dell’humour, quindi non tentavo di diventare quello che sono ora. Ogni cosa si è succeduta senza un piano. Ecco: l’incidente più significativo è stato diventare casualmente un autore di satira. È stato un incidente le cui conseguenze mi stanno ancora deviando dall’essere ciò per cui sono destinato. Che, come al solito, non so cos’è, ma non è fare satira.
Possiamo dire che “Nuove mappe del paradiso” è un invito a non arrendersi?
Credo di sì. Che si possa dire. È anche un invito ad arrendersi senza abbattersi. Piegarsi elasticamente. Piegarsi a fare quel che capita, quando capita e quando si ha necessità di lavorare, mettendoci impegno e curiosità. Ma anche arrendersi a una perdita, a un fallimento, a una sconfitta, a un torto subito. Lasciarseli alle spalle. A me, oggi, nei miei disegni, nelle cose buffe che faccio in tv, torna utile ogni esperienza avuta in passato, anche ogni resa.
Il 2020 è stato un annus horribilis, segnato oltre che dalla pandemia, anche da altri eventi catastrofici e tu lo hai osservato dal tuo personalissimo punto di vista. Qual è stata la vignetta più difficile da disegnare lo scorso anno?
Quelle difficili, di vignette, sono quelle che devo fare per contratto anche quando non ho nulla da dire. Tutte le altre, in cui esprimo l’urgenza di descrivere un mio punto di vista o una mia sensazione, mi escono facilmente. Quindi la più difficile non la ricordo, dovrei cercarla tra le tante banalissime e svogliate che ho prodotto nel 2020.
Oggi sui social con meme o fake espliciti (come lercio) qualcuno dice di fare satira ma la satira come si rapporta con i social?
Boh. E come si rapporta coi bar? (si fa tanta satira nei bar). La satira esiste ovunque, anche negli ascensori, sulle porte dei cessi dell’autogrill, sui muretti scritta con le bombolette spray. I social sono un luogo come un altro dove si manifesta la satira. Poi, a me, chiunque dichiari che sta facendo satira, mi sta simpatico. Mi viene da dirgli bravo, continua, almeno non rubi i motorini. Insomma non giudico se faccia satira o meno. E non giudico neanche chi dice a me: tu non fai satira. Questo dibattito mi ricorda quel quadro di Magritte con la pipa, che non è una pipa.
Con il tuo programma “Propaganda Live” scritto e condotto insieme a Diego Bianchi, hai portato la vignetta in televisione. L’hai inserita all’interno di un palinsesto televisivo con grande naturalezza. Quale sarà il prossimo orizzonte da esplorare?
La vera conquista, secondo me, non è aver portato la vignetta in tv, c’è chi già lo faceva, ma aver portato in forma televisiva il fumetto. In verità anche quello era stato già fatto in un programma per ragazzi di boh 40 anni fa? Si chiamava Supergulp. I miei cartoon devono molto a supergulp. La loro caratteristica è quella di non essere “cartoni animati” (anche se io li chiamo cartoon), la differenza sta nel fatto che i miei disegni non si muovono, sono disegni statici, e le parole dei personaggi che disegno non sono riprodotte da una voce, ma vanno lette nei classici balloon, insomma nei “fumetti”. Il prossimo orizzonte è dietro un dosso che mi impedisce la visuale. Come sempre.