La ‘pluripotenza’ è la capacità delle cellule staminali embrionali di generare tutti i tipi di cellule staminali somatiche, che rende le staminali tanto preziose e famose. Uno studio condotto dal team diretto da Antonio Simeone dell’Istituto di genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati-Traverso’ del Consiglio nazionale delle ricerche (Igb-Cnr) di Napoli, pubblicato sulla rivista Cell Reports, svela ora il ruolo di rilievo del gene regolatore Otx2 nella definizione dello stato delle cellule pluripotenti in vivo e in vitro e che questo dipende dal legame che esso ha con il gene Nanog. Otx2 è un gene regolatore noto anche per avere una funzione essenziale nello sviluppo del cervello.
“Con la nostra ricerca abbiamo scoperto nelle cellule pluripotenti un’interazione diretta tra la proteina Otx2 e la regione che controlla l’espressione di alcuni geni essenziali alla staminalità e pluripotenza quali Nanog, Oct4 e Sox2. Questo suggerisce che Otx2 potrebbe contribuire al controllo delle cellule staminali attraverso la regolazione diretta dell’espressione di questi fattori cruciali”, spiega Antonio Simeone, direttore dell’Igb-Cnr. “Va intanto precisato che esistono due tipi principali di cellule staminali pluripotenti: le cellule staminali embrionali (Esc) e le cellule staminali dell’epiblasto (EpiSc). Le prime corrispondono in vivo alle cellule dell’epiblasto precoce della blastocisti (nome che ha l’embrione prima di impiantarsi nell’utero) e le seconde a quelle dell’epiblasto maturo dell’embrione che si è appena impiantato nell’utero, per cui le seconde derivano dalle prime. Le cellule dell’epiblasto dell’embrione, oltre a perpetuarsi come fanno tutte le cellule staminali, sono anch’esse caratterizzate dall’essere pluripotenti. Infatti da esse derivano tutte le cellule dell’organismo”.
Per valutare l’effettivo contributo del gene, i ricercatori hanno generato cellule geneticamente modificate constatando che “impedendo il legame tra Otx2 e la regione regolatrice del gene Nanog si genera una profonda alterazione dell’identità sia delle Esc in vitro sia dell’epiblasto nell’embrione precoce”.
Inoltre, “negli embrioni mutanti, le cellule modificano totalmente la loro natura: molte di quelle che dovrebbero essere epiblasto acquisiscono l’identità di un altro tipo cellulare che prende il nome di ‘endoderma primitivo’ e che rappresenta un tessuto extra-embrionale destinato a dare origine a tessuti di supporto allo sviluppo dell’embrione”, conclude il direttore dell’Igb-Cnr. “Questa ricerca di base potrebbe avere risvolti in campo applicativo, in quanto le cellule staminali embrionali hanno forti punti di contatto con le cellule staminali di alcuni tumori. Entrambe sono infatti immortali e ciò implica che cogliere i meccanismi che controllano lo stato delle cellule staminali embrionali potrebbe aiutare a comprendere quelli delle staminali tumorali oppure a sviluppare delle strategie per interferire con il loro mantenimento”.