E’Â la mancanza di qualsiasi valore che determina il piacere per il sopruso
Venerdì 25 marzo alle 18.30 si inaugura la personale di Rosaria Iazzetta, artista napoletana da sempre impegnata ad apportare un contributo emotivo alla degenerata realtà contemporanea.Esistono diverse modalità per raccontare la verità , ma per far alzare la testa e ricominciare a lottare, Rosaria Iazzetta ne conosce solo una: gridare con il ferro della lamiera e lo spaesamento della fotografia. Se è vero che dalla mancanza di qualsiasi valore si determina il piacere per il sopruso, è anche vero che per vivere nella pienezza di diritti e doveri, è necessario riconoscere il nemico, per riappropriarsi della felicità e allontanarsi dalla vigliaccheria e dalla paura una volta per sempre.Edito da Ulisse & Calipso Edizioni Mediterranee, il testo fotografico dal titolo “La Mala Tolleranza, La felicità vince quando la speranza e la coscienza smettono di essere latitanti”, è presentato in galleria dall’artista, per aiutare a spalancare l’anima anche in modalità scritta oltre al visivo. Due anni di lavoro, centosessanta testimonianze, centoquaranta pagine e sessanta fotografie, dimostrano che quello che non si dice non sempre non esiste e abituarsi a sopportare una verità malata, non sempre rende felici. Il ricavato della vendita, finanzierà altri progetti di entità pubblica presentati in galleria.Grazie alla Fototeca della Soprintendenza per il P.S.A.E. e per il Polo Museale della Città di Napoli, due straordinarie foto di opere presenti al Museo di Capodimonte, (Luca Giordano, Madonna del Baldacchino; Mattia Preti, Il ritorno del figliol prodigo) sposano due sculture. Cambiamenti storici, una, si slancia in verticale sulla parete per mostrare nella figura della Madonna e in quello dei Santi che la supplicano, i volti delle collaborazioni politico-mafiose. A distanza dalla composizione, tenta di fuggire, senza riuscirci l’individuo reso addomesticato a certe relazioni, sicuro di non poter vincere il sopruso, si accontenta da cieco, di raccogliere le briciole di speranza. L’altra, L’attesa del ritorno del bene, si sviluppa distanziata dalla parete, con luce forzata, in orizzontale, per meglio slanciare la grande scultura in alluminio che alla sua sinistra invoca ritorno, seppure turbata dal disagio e dal dilagante senso del fare, che assomiglia di gran lunga al male e non al bene. Un male che per quante volte sia stato fatto, siamo pronti a perdonarlo e a vederlo cambiato nelle sue intenzioni di condivisione e di lotta. Altre tre sculture in acciaio, dal titolo le alterazioni della giustizia, manifestano il dissenso nei confronti di chi dovrebbe tutelare il diritto dei singoli, e a volte invece, decide di ampliare lo stipendio, tutelando se stesso da possibili incidenti di percorso, che di certo il proprio lavoro richiederebbe. Corrotti dal loro stesso modo di fare, vigliacchi nei confronti di una scelta di lavoro, applicata a volte per abuso di potere più che per reale senso di patria e desiderio di tutela del territorio. Un’altra grande scultura in acciaio, sottolinea il distorto senso di condivisione, che per molti diventa occasione di prevaricazione e di sopravvivenza sulla fatica di altri. Cavallo di ritorno, annuncia l’atteggiamento politico, sociale ed economico dei cosiddetti grandi cultori di democrazia e solidarietà . Laddove, lo stato delle cose richiederebbe l’amore per crescere nel sano e nel giusto, altri con il potere accumulato, abusano e violentano con il sopruso il desiderio di felicità collettiva. Una sezione fotografica, mostra alcuni dei disegni e scatti fotografici realizzati per il progetto P.N.P. progresso non Pubblicità . Scatti che hanno interpretato il sopruso in tutti i suoi aspetti e nelle svariate forme che gli appartengono e che consapevolmente convivono; scatti che sono stati stampati in modalità diversa per essere installati su edifici nel 2009 ad Ercolano, nel 2010 a Pompei e a Porta Capuana, Napoli; scatti, che non hanno niente da nascondere della verità che quotidianamente subiamo, e per quieto vivere, lasciamo che esista, senza far niente per cambiarla.