Pensavamo, da cronisti, di averne viste davvero tutti i colori ma ci mancava quanto successo a Roma.
Si dirà: cosa c’ è di strano in un corteo che finisce a manganellate in tempi come questi di grande tensione sociale; era prevedibile in fondo. A dire il vero di cortei ne ricordiamo tanti, di discese più o meno oceaniche in piazza anche. Per qualcuno eravamo testimoni diretti per altri abbiamo letto le cronache, visto filamati, guardato centinaia di fotografie. Quindi, cos’ha di speciale quello che è successo al corteo dei lavoratori delle acciaiaerie di Terni mazzolati dalle forze di polizia?
Nulla, se la domanda di cui ci accontentiamo è quella che abbiamo formulato possiamo anche chiudere il “pezzo” qui ed andare a fare shopping con le nostre signore.
Forse, però, la domanda non è quella giusta.
Non c’è da chiedersi cosa ci sia di strano in un’atteggiamento mille e mille volte già registrato per mille e mille altri casi analoghi ma perchè è successo, in che contesto è successo e perchè tutto è stato riportato e comunicato con servizi e pezzi così come si fanno per il dopofestival a Sanremo.
E’ innegabile che la rete ha tante colpe e tante cose vengono distorte, ingigantite e anche manipolate ad uso e consumo di questa o quella tesi; ma è altrettanto innegabile che il suo vero ruolo la rete se lo prende prepotentemente quando ci si ritrova ad un video, semmai girato con lo smartphone mezzo scassato di un operaio o con i minimi mezzi di tutta quella miriade di microtestate giornalistiche che fanno il prorpio dovere informativo ogni giorno in maniera silenziosa.
Ritrovarsi difronte a immagini che mostrano un uomo a terra ed uno in divisa che infierisce a colpi di manganello sul malcapitato che ha l’unica colpa di essere lì e magari di essere inciampato, ma anche immagini più spurie, come quelle del corteo e del “movimento” che viene generato ad arte intorno ad esso; o immagini di una folla che viene indirizzata dalle forze dell’ordine in una piazza (per meglio controllarla diranno gli esperti dell’ordine pubblico) e li tenuta a bade con le buone e le cattive lasciano sempre una puntina di amaro in bocca.
Si sarebbe dovuto raccontare di operai arrabbiati che gridano il loro disappunto verso il governo perchè abbandonati a loro stessi in balìa di un’azienda (tedesca) che vuole imporre il proprio ius indiscutibile verso lavoratori considerati nemmeno più carne da macello da semplici numeri di matricole da inserire in un foglio excel che sarà, alla fine, la lista dei cinquecento e più da tagliare.
La cronaca dell’ennesima giornata dalla crisi, quella che ha reso tutti un po’ più “brutti” e un po’ più egoisti; quella crisi che ha portato più di un milione di persone in piazza non più di tre giorni fa ma che oggi una delle più strette collaboratrici del Presidente del Consiglio si permette, allegramente, di definire massa di prezzolati paragonati alla vacche mussoliniane spostate per rappresentanza di potere.
Qualcuno ci avrebbe dovuto ancora intrattenere sul già citato Presidente del Consiglio che rifiuta il dialogo con chiunque: opposizioni politiche in parlamento e nel paese, sindacati, lavoratori, giovani. Tranne che non siano i suoi: quei democratici che lo hanno eletto segretario del partito ma non i cittadini che non lo hanno eletto Presidente del Consiglio.
Invece no, le cronache di oggi sono stracolme di articoli, servizi, commenti, sugli scontri. Di colpo è cambiato il centro della scena: non Palazzo Chigi ma Piazza dell’Indipendenza. Non l’analisi politica (di una politica che semplicemente non c’è) ma la contrapposizione alla ricerca del colpevole di turno: hanno provocato i lavoratori o hanno reagito male le forze dell’ordine? Ancora una domanda inutile, fuorviante e fuori posto. Non è questa la domanda e non sarà la risposta a questa domanda che aiuterà a capire.
Una sola voce tuonava potente, quella di Landini: il governo deve chiedere scusa ai lavoratori. Si, ma il governo deve chiedere scusa ai lavoratori non per i fatti di piazza di oggi ma per aver fatto una scelta di campo che – contraddicendo il dettato costituzionale – ha abbandonato il lavoro ed i lavoratori al loro destino, quello stabilito dal mercato più bieco e sfrenato, per schierarsi con i burattinai che muovono le fila stando seduti comodamente sulle loro poltrone di pelle (umana?) al sole delle isolette paradisiache di turno.
Deve chiedere scusa il governo: per essere un governo non eletto dai cittadini, per la tracotanza e la superbia che dimostrano sempre coloro che credono di sapere e di avere potere ma che in realtà sono portatori solo di vacui simulacri di creta con cui giocare e sono sempre latori del potere del più forte.
Questo governo, in tutte le sue componenti si sta dimostrando nei fatti inadeguato e imbelle ad affrontare i problemi di un periodo così impegnativo; forte con i deboli e debolissimo con i forti e anche se non piove seri dubbi sulla sua salubrità li lancia continuamente.