Mercoledì 7 febbraio 2018 dalle ore 17 presso “Movimento Aperto” di Ilia Tufano, via Duomo 290/c Napoli, si presenta la mostra personale di Carlo Bugli, introdotta da un testo di Eugenio Lucrezi: “Nigrissimi, necrissimi fogli. Eugenio Lucrezi per Carlo Bugli”. La mostra resterà aperta fino al 28 febbraio e si può visitare il lunedì e martedì ore 17-19, venerdì ore 10.30- 12.30 o su appuntamento.
Carlo Bugli è nato a Napoli nel 1965 dove vive e lavora. È stato per molti anni redattore della rivista di scritture in movimento «Risvolti». Come poeta ha pubblicato due raccolte di poesia, Noemata (1988) e Organon (1990, e collaborato ad alcune riviste nazionali ed estere anche con opere grafiche. Bugli espone ventidue tavole a penna, a china ed a tempera, imperniate su «una folla di figure di mezzo, di carapaci inquietanti che non sai se di chitina o di acciaio ? scrive Eugenio Lucrezi – […] parte, in tutta evidenza, dal disegno rinascimentale, attraversa i fiamminghi da Bosch ai Bruegel, arriva al contemporaneo per soffermarsi sull’esperienza surrealista; la sua pretesa antistilistica è dovuta al Movimento Nucleare di Baj e Dangelo, mentre i suoi prossimi maestri vanno individuati nei napoletani del Gruppo 58 di Biasi, Colucci, Del Pezzo e Persico».
Potremmo definire l’origine dei lavori grafici di Bugli in una sorta di parasurrealismo che decostruisce il mondo con figure e ominidi che deflagrano la normalità quotidiana: tanto sono buffi quanto sono belli! Insomma un Osvaldo Licini, si potrebbe definire Bugli, meno pittore, che agli elfi sognanti, alle mani parlanti, al precario sostituisce la stessa visione onirica del pittore di Monte Vidon Corrado, per cui i personaggi e le situazioni diventano patafisica per un mondo creativo di riflessione e di intensa poeticità. Uno dei maestri patafisici cui Bugli si riconosce è Mario Persico, artista napoletano, protagonista dell’avanguardia napoletana degli anni sessanta-settanta. Anche in Enrico Baj, l’artista italiano più rappresentativo della patafisica, ci sono molti riferimenti. Ma il tutto non ci lascia scampo e ci conduce all’inventore della patafisica, al francese Alfred Jarry e alla sua espressione: «Perché dire che l’orologio è rotondo? È falso. Di profilo diventa un rettangolo e di tre quarti una figura ellittica. Per tutti i diavoli, perché abbiamo fissato la forma nell’istante in cui guardiamo l’ora? Forse per l’utilità?».
L’arte grafica di Bugli è basata su brevi racconti di strani animali distorti e abbruttiti, di ominidi ignudi, “nigrissimi, nerissimi” (come già si espresse il Nostro in Organon) simili a delle creature infernali, aliene, buffamente necrofore, dove c’è un significato ma non un senso che abilmente nasconde la deformità del mondo che Bugli ci presenta in tutte le sue brutture – appunto ? dove la forma si deforma e deflagra in una visionarietà che va al di là dell’aspetto fisico, della ragione, del consueto, della logica.
Dal testo di Eugenio Lucrezi, inoltre, possiamo aggiungere che l’arte di Bugli non è «tutta interna al bios e agli agoni mondani ed extramondani, inferi e superni, del mito antico e della favola di ogni tempo: ma quella, perturbante e oscura, di una contemporaneità che vede sempre più corpi e protesi, carni e metalli, sillabe e bytes intrecciarsi e contendere in platee brulicanti e molteplici, mentre la realtà antropica non è distinguibile dagli omologhi virtuali e il sovraccarico informativo tracima nell’estasi, babelica ed ecolalica, dell’insignificanza [… in] questa magnifica esposizione vediamo opere a china e a tempera, fogli a stampa variamente elaborati a mano; una folla di figure di mezzo, di carapaci inquietanti che non sai se di chitina o di acciaio; lemmi ricorrenti come ONTO, dichiaratori di insufficienza creaturale».