La seconda media rappresenta per i giovani maschi un momento di passaggio.
In prima media il più delle volte qualcosa deve ancora succedere, in terza media,
pur con le dovute eccezioni, di solito quel qualcosa è già successo.
In seconda media invece siamo ancora in mezzo al guado, e convivono nella stessa Classe quelli che sono ancora bambini, insieme a quelli che sono già uomini. O per lo meno maschi; o ragazzi.
Di certo non più bambini.
E di certo non è più un bambino il ragazzo di un’altra seconda media con cui mio figlio è andato in gita, e che ha tanto colpito Fabri.
“Papà, c’era uno che aveva un tatuaggio!”
“Come un tatuaggio?! Sarà stato finto”
“No, no. Era vero. Aveva scritto sul braccio NEVER GIVE UP, con dei caratteri tutti strani”
Pare che il proprietario di quel braccio tatuato, che qui chiameremo Kevin, sia un ragazzo di Barivecchia, ben noto e temuto nei bagni della scuola.
La seconda media è un momento di passaggio: ci sono quelli -come mio figlio- che sono ancora dei bambini e pensano a giocare; e ci sono quelli a cui qualcosa in testa è già scattato, e pensano solo alle ragazze.
E poi c’è Kevin
Kevin che pensa a non mollare, se lo ripete come un mantra, e se lo fa tatuare sul braccio.
A dodici anni.
Non so so cosa viva ogni giorno Kevin per aver bisogno di resistere e “non mollare mai”. Posso solo immaginarlo.
E mi auguro che ci riesca
Ma quando ci indigniamo -giustamente- per le tristi condizioni di infanzia negata dei bambini nelle miniere del Congo, o negli slum Indiani, non dimentichiamoci di Kevin.
E che vicinissimo a noi, in classe con i nostri figli, ci sono bambini che a dodici anni hanno tanto bisogno di non mollare da tatuarselo sull’avambraccio.
Never give up
Foto di copertina generata con Copilot per Cinque Colonne Magazine