(Adnkronos) – Nel pieno degli attriti con gli Usa, Benjamin Netanyahu e il suo governo tornano a parlare di vittoria più vicina rivendicando con fermezza i successi su Hamas. Nella serata di ieri, il primo ministro ha alluso infatti – ma senza confermare – alla morte di Marwan Issa, numero 3 della gerarchia dell’organizzazione a Gaza e in un video pubblicato sui social ha parlato di Israele “sulla strada della vittoria completa, abbiamo già ucciso il numero 4 di Hamas, ora tocca al numero tre, al numero due e al numero uno”. “Ci sono stati successi, anche negli ultimi giorni, e ci saranno altri successi”, gli ha fatto eco il ministro della Difesa Yoav Gallant. Netanyahu conferma quindi per la prima volta la responsabilità di Israele nell’uccisione di Saleh al-Arouri, il vice presidente del Politburo di Hamas, considerato il numero 4 del gruppo terroristico, morto a gennaio in un raid a Beirut.
Non confermata l’uccisione del num 3 di Hamas
Ma non conferma l’uccisione di Issa, numero 3 nella gerarchia e vice del capo dell’ala militare di Hamas, Mohammed Deif (il numero 2), che Israele ritiene coinvolto nella preparazione dell’attacco del 7 ottobre, insieme al super ricercato numero uno Yahia Sinwar. Issa sarebbe rimasto ucciso in un raid sabato contro i tunnel che si trovano sotto il campo profughi di Nuseirat, nella parte centrale della Striscia. Nato nel 1965 nel campo profughi di Bureij, dove si era rifugiata la famiglia originaria della zona di Ashkelon, membro della Fratellanza musulmana prima della nascita di Hamas, di cui ha scalato la gerarchia, fino a diventare il vice comandante delle Brigate Ezzedin al Qassam. Detenuto in un carcere israeliano per 5 anni durante la prima Intifada (1987-1993), sarebbe sopravvissuto a più tentativi di assassinio.
Secondo quanto ricostruito dal “Counter extremism project” (Cep), una prima volta nel 2006 e poi nel 2012, in un raid nel quale rimase ucciso Ahmed Jaabari, l’allora leader delle Brigate. Issa avrebbe anche partecipato all’operazione che il 25 giugno del 2006 portò alla cattura del caporale Gilad Sahlit, rilasciato cinque anni dopo in cambio di 1.027 detenuti palestinesi. Nel febbraio del 2020, emerse che Israele voleva assassinare Issa – nel frattempo inserito dagli Stati Uniti nella lista degli ‘Special designated global terrorists’ e Sinwar, ma, appreso del piano, l’intellingence egiziana si recò a Tel Aviv per convincere gli israeliani a non portarlo a termine. Dopo l’attacco del 7 ottobre, Issa, Deif e Sinwar sono stati dichiarati da Israele i ricercati numero uno e l’8 dicembre l’Ue ha aggiunto i primi due alla lista dei terroristi.
Nuove accusa all’Iran per l’invio di armi sofisticate
Arrivano intanto nuove accuse all’Iran da parte del ministro israeliano della Difesa. Secondo Gallant infatti, la Repubblica Islamica farebbe arrivare armi in Cisgiordania. “Dobbiamo prepararci a un aumento del terrore durante il Ramadan”, ha detto il ministro in dichiarazioni riportate dal Times of Israel. “L’Iran – ha accusato – è al lavoro per aumentare la gravità degli attacchi e sta introducendo molte armi”. Gallant ha parlato di armi di “alta qualità”. “Ci sono stati successi, anche negli ultimi giorni, e ci saranno altri successi”, ha detto Gallant in un incontro con lo Stato Maggiore delle Idf secondo dichiarazioni riportate dal Jerusalem Post. Gallant ha parlato di un'”azione” nella “giusta direzione” mentre proseguono le operazioni militari israeliane contro Hamas nella Striscia di Gaza, scattate dopo l’attacco del 7 ottobre in Israele.
“Dobbiamo tener conto del fatto che potrebbero esserci ulteriori sfide davanti a noi, la prima nel nord”, ha aggiunto, con un chiaro riferimento al confine tra il nord di Israele e il sud del Libano. “La lotta tra i nostri governi non è necessaria, è destinata alla politica interna”. E’ quanto ha detto intanto, parlando di Stati Uniti e Israele, Yair Lapid, il leader dell’opposizione israeliana, intervendo con un video ad un Forum dell’American Israel Public Affair Committee, la conferenza dell’Aipac che celebra l’alleanza di ferro tra Israele e Usa, accusando in modo non tanto velato il governo di estrema destra di Netanyahu di scontrarsi con Washington per motivi di politica interna.
Biden e Lapid sulla stesa lunghezza d’onda
“Qui abbiamo persone, al più alto livello – ha aggiunto riferendosi quindi al governo israeliano – che pensano erroneamente che questo li aiuterà con la loro base politica. Questo è stupido e siete autorizzati a dirlo ad alta voce. Questo non è quello che pensano gli israeliani”. Lapid ha inoltre esortato gli amici americani “non a difendere il governo, ma a difendere Israele”. Le parole di Lapid sembrano riecheggiare, riporta il Times of Israel, quelle pronunciate nei giorni scorsi da Joe Biden che ha detto che le politiche di Netanyahu su Gaza danneggiano invece di aiutare Israele.
“E’ difficile difendere una politica quando non sei sicuro di capirla, quando non sei sicuro che ve ne sia una”, ha detto ancora criticando il governo israeliano ma evitando però di entrare nelle questioni che maggiormente dividono Biden e Netanyahu, la minacciata offensiva a Gaza e la soluzione dei due stati. Lapid si è limitato a lodare gli Usa per il fatto “di spingere il dibattito sui day after” a Gaza. “E’ essenziale”, ha detto senza elaborare. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)