Horror ma non solo
“Nero e Fondente” di A.R. Mecfones edito da Antonio Crepaldi, è un romanzo, crudo e a tratti violento in cui il protagonista, un demone, gioca con la vita di spietati serial killer. Il romanzo è sconvolgente e inquietante e per questo se ne consiglia la lettura ad un solo pubblico adulto.
Subbushatt, il potente demone del romanzo, un demone nero in forma liquida, contagia le sue vittime attraverso il sesso, trasformandole in serial killer. Il romanzo è una storia inusuale che si richiama fortemente al fantasy e al thriller psicologico, ma che trae spunto soprattutto dalla cinematografia horror.
L’autore affonda la penna nei meandri della mente umana e ci trascina in un racconto ricco di suspense, sesso e violenza. Lo scrittore, A.R. Mecfones, pseudonimo di Alfredo Cremonese, non ha voluto etichettare il suo romanzo in un genere ben preciso, dimostrando al lettore che la fantasia e la creatività non possono essere rinchiuse in un ambito definito. Dettagli inquietanti medico-scientifici, riferimenti al cannibalismo e descrizioni omicide, scandiscono il ritmo del romanzo che si conclude nello scontro finale tra i due potentissimi serial killer.
Abbiamo avuto il piacere di scambiare alcune battute con l’autore A.R. Mecfones a cui abbiamo chiesto qualcosa in più sul romanzo e sulle sue passioni.
“Nero e Fondente” di A.R. Mecfones
Lei ha specificato che il suo romanzo non può essere etichettato in un genere preciso, perché è tanti generi insieme. Ce n’è uno che secondo lei predomina più degli altri? e perché?
In realtà, se deve esservi un genere predominante, credo che quello sia il noir; “Nero e fondente” rimane comunque un ibrido di quest’ultimo con il thriller e l’horror. Una definizione più accurata (e che mi piace molto) sarebbe quella di “noir thriller”, dal momento che uno dei protagonisti è in gran parte il criminale, o meglio, i criminali, ma vi sono anche elementi profondamente psicologici e soprannaturali, tipici, questi ultimi, dell’horror.
Nero e Fondente non è una lettura adatta a tutti, perché in certe parti le descrizioni sono molto crude. C’è uno scrittore che ama e a cui si è ispirato per le sue scene?
Mi sono ispirato molto a Stephen King; ma anche alla bravissima Isabella Santacroce, che mi ha insegnato cosa vuol dire essere lirici, così come ad H.P. Lovecraft, dal quale ho imparato come far uscire qualcosa di interessante da un cielo plumbeo e uggioso. Per quanto riguarda la parte psicologica non potevo non attingere dal bravissimo Thomas Harris.
In Nero e Fondente lei viaggia nella mente del suo protagonista, facendo rientrare il romanzo anche nel thriller psicologico. A chi si è ispirato per il suo personaggio?
Il mio personaggio sono io, al quale ho aggiunto brandelli di amicizie e conoscenze che ho intrecciato fra Treviso e Padova. Mi piace pensare ai miei personaggi (una moltitudine) come stratificazioni tissutali, come sculture di Gunther von Hagens o come le mummie dei Chinchorro, che venivano “ricostruite” in un macabro processo alchemico.
Lei è un amante dell’arte e le piace dipingere. La pittura secondo lei ha contribuito a creare nella sua fantasia atmosfere e personaggi?
Di fatto io dipingo con la penna; credo sia una questione di “pensare per immagini”, quando voglio scrivere qualcosa (la volontà è un elemento prescindibile, io ragiono infatti per “flussi”) allora la mia mente si nutre di immagini per esternare immagini, come ho già detto una volta “vorrei sapere tutto, per trasformare tutto, per compiacermi di tutto”. In realtà, credo che ad alimentare “Nero e fondente” sia stata soprattutto la cinematografia horror, si tratta sempre e comunque di immagini, anche se cambia il supporto e la modalità di fruizione.
Nero e Fondente è il suo romanzo d’esordio oppure ne ha scritti altri?
Ne ho scritti altri. Alcuni anche pubblicati col mio vero nome e cognome.
Qual è il suo sogno nel cassetto?
Potrà sembrare scontato e banale, ma vorrei fare lo scrittore, ancor più che esserlo, vorrei farlo per davvero.